
Capisco che ormai è stato sdoganato tutto e che la storia sia trascurata o peggio rivista. Però a mio modestissimo avviso ci sono dei limiti che non andrebbero oltrepassati.
La famosa frase di Cesare Pavese scritta in La luna e i falò: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via…” mi offre lo spunto per una riflessione.
Qualche giorno addietro, su una famosa pagina FB moncalvese (di cui ne scorgo sempre più chiaramente i limiti) è ricomparso un post nostalgico su quanto era bella Moncalvo, quanti negozi c’erano, come è cambiata (sottointeso in peggio) e così via.
Ovviamente il post ha nuovamente scatenato decine di commenti a tono, leggendo i quali ho scoperto che si sta provando a scrivere un libro sulla storia dei negozi di Moncalvo.
Iniziativa che rispetto, ci mancherebbe, ma che trovo nostalgica e inutile.
Nostalgica perché idealizza un passato che non potrà tornare e dal quale non si vuole imparare per guardare al futuro. E inutile perché non serve a promuovere una vera cultura commerciale e d’impresa della quale siamo carenti.
Questa cosa del continuare a guardarsi l’ombelico (Moncalvo, la storia di Moncalvo, i negozi di Moncalvo eccetera) senza alzare lo sguardo oltre le nostre colline è il segno della nostra decadenza. Della nostra incapacità di affrontare la realtà e il mondo.
Siamo sempre più poveri culturalmente e incapaci di affrontare le sfide che sono davanti a noi e per questo idealizziamo un passato guardandolo con nostalgia, ma senza impararne la lezione.
Aveva ragione Pavese: un paese ci vuole, ma per andare via. Per non rimanere intrappolato da una cultura chiusa, autoreferenziale, che non alza lo sguardo oltre le colline. Un paese ci vuole per darci la spinta iniziale, per avere una pista di lancio per la vita e per il futuro.
Moncalvo (e i moncalvesi) riusciranno finalmente ad alzare lo sguardo oltre la propria collina?
Riprendendo e parafrasando una vecchia battuta che circola online, “e anche quest’anno la Fiera del Tartufo ce la siamo levata dai coglioni”.
Ecco, non so voi come avete vissuto questa 68° edizione; a me è sembrato che ormai questo format mostri palesemente la corda; come mi ha confermato un caro amico.
Certo i numeri sono stati impressionanti; aspettiamo i dati ufficiali, ma certamente l’afflusso di turisti e visitatori durante i due week end della fiera è stato veramente grande.
Però penso che i numeri non siano tutto e come avevo cercato di dire lo scorso anno in questo post, una qualche forma di rinnovamento è sempre più urgente.
Non starò a citare nuovamente la gestione “allegra e inconcludente” della presenza in rete della Fiera. Non serve a nulla avere sito web e profili social Instagram e Facebook se non sono costantemente seguiti e aggiornati e non raccontano l’evento.
Girando per la fiera invece ho avuto la fortuna di ascoltare storie che davvero meriterebbero di essere raccontate durante l’evento; perché il territorio non sono solo le colline. Il territorio lo fanno le persone con le loro vite e le loro scelte, ed un evento che si vanta (a livello nazionale) di raccontare il territorio del Monferrato non lo può farlo solo fornendo stand e intervistando in maniera pelosa il politico di turno.
Penso alle storie dell’Azienda Agricola Olivetta con la sua sperimentazione dei vini bianchi e rossi, oppure dell’Azienda Agricola Garino con i suoi vini biologici (e le donne protagoniste), o ancora dell’Azienda La Collina degli Ameri e la loro passione per la Bagnacauda.
Ma alla fiera ci sono decine di altre storie, tutte da raccontare, tutte da valorizzare. E sarebbe il caso che già adesso, i responsabili della fiera, iniziassero a pensare come farlo.
Cambiare non è segno di paura, anzi, è la capacità di adattarsi al cambiamento, sapendo trasmettere (uso una parola grossa) valori che non mutano, ma che vanno adeguati ai tempi. Penso, forse non a caso, a due grandissimi uomini di cultura del nostro territorio e precisamente a Cesare Pavese e Nuto Revelli.
Dobbiamo cambiare, non fosse altro per la storia della nostra Fiera del tartufo e per le persone che l’hanno fatta diventare così importante. Lo dobbiamo anche a loro.
Io mi ricordo di quando venivano sbandierate le meravigliose sorti e progressive del nuovo portale del turismo di Moncalvo.
Mi ricordo della sicurezza di improvvisati guru della comunicazione online quando quel portale fu abbandonato a se stesso e si fece un secondo portale dal nome ancora più “eloquente”.
Ebbene, sono stato facile profeta in tutte e due le occasione; perché questo è ad oggi il risultato:
E non mi si venga a dire che sono due “piccoli errori”. Il sito è tale e quale da quando è nato. Nessun aggiornamento, nessun contenuto. Niente di niente.
VisitMoncalvo è espressione della nostra incultura digitale, della nostra improvvisazione spacciata per capacità, della nostra supponenza di saper padroneggiare la rivoluzione digitale perché sappiamo usare due righe di codice.
Un sito internet così non serve a nulla. Chiudiamolo.
Anche quest’anno si è conclusa la 67ma edizione della Fiera del Tartufo di Moncalvo. Grande affluenza di pubblico nelle due giornate nonostante la seconda domenica il meteo non abbia aiutato.
Naturalmente soddisfatti gli organizzatori, contenti i nostri concittadini commercianti e ristoratori per l’affluenza, insomma tutti felici. Con ragione eh! Sia chiaro. Visto la situazione pandemica e le normative da rispettare, aver realizzato la fiera è già portare a casa il risultato.
Ma io, che mi sono sempre trovato a mio agio con le minoranze (quelle sensate ovviamente), credo sia arrivato il momento di fermarci a riflettere, serenamente e senza pregiudizi sulla nostra fiera.
Ho già scritto in un post precedente, delle non novità di questa edizione. Sono anni (almeno dieci) che non ci sono sostanziali differenze tra un’edizione e l’altra nel programma e nell’organizzazione della fiera.
Faccio qualche esempio: il sito internet della fiera è identico da anni. Viene semplicemente aggiornato il numero dell’edizione ed il programma. Tant’è che se si va a vedere più nel dettaglio si scopre che sono ancora citate manifestazioni non più fatte da anni.
Beh, direte voi, c’è la pagina Facebook o la pagina Instagram. Per quanto riguarda quest’ultimo non parlo per carità di patria. Pubblicare semplici foto e basta, spesso il giorno dopo e comunque non “in diretta”, non raccontando la fiera come invece imporrebbe un social (sennò che social è?) non mi sembra fare chissà che cosa. E per quanto riguarda la pagina Facebook anche qui nulla di chè. Anzi, a me questo continuo pubblicare meme con argomento il tartufo, ha anche un po’ stufato.
Il programma della fiera identico ormai da anni, nessuna nuova idea che provi a raccontare il territorio, il tartufo, la città di Moncalvo, la civiltà contadina in modo diverso dalla semplice promozione enogastronomica. Qualche laboratorio del gusto? Qualche dibattito serio e non le pelose e meste interviste del presentatore di turno?
La presenza femminile alla fiera? Ne vogliamo parlare? La donna come immagine da affiancare al tartufo? Non sarebbe il caso di andare (finalmente) un po’ oltre questo stereotipo anni 80?
E i cuochi, i contadini, i vignaioli? Mai coinvolti, mai sentiti alla fiera. Nulla di pensato per raccontare le loro storie, i loro saperi. Solo stand dove vendere prodotti e ristoranti da riempire di turisti e basta.
I giovani e la giuria. I primi pochissimo coinvolti, mentre la seconda è ormai un gruppo autoreferenziale chiamato due volte l’anno a giudicare e basta.
E come giustamente mi ha fatto osservare un ex amministratore moncalvese: mentre nell’albese c’è un’unica fiera e tutti si mobilitano per promuoverla ed arricchirla, da noi in Monferrato e nell’Astigiano si moltiplicano le manifestazioni e le fiere del tartufo, in concorrenza una con l’altra. Questo non è fare squadra, è massacrarsi a vicenda. Con buona pace del Sindaco di Asti o di altri che parlano di tour delle fiere e compagnia bella.
Credo che proprio per la sua storia e per quello che rappresenta la nostra fiera, un ragionare ed un interrogarsi sul suo futuro sia doveroso da parte di tutti noi moncalvesi.
Ce le meritiamo altre 67 edizioni di fiera, ma rinnovata.
Moncalvesi e Monferrini: questo blog sostiene la petizione portata avanti dagli amici Diego e Giovanni finalizzata all’estensione del soccorso H24 per quanto riguarda il servizio 118 per tutto il nord astigiano.
Già ora 60 comuni del nostro territorio monferrino a cavallo tra Asti ed Alessandria sono serviti dall’unico mezzo MSA (Mezzo di Soccorso Avanzato con medico ed infermiere) di Moncalvo. Il problema è che questo mezzo è operativo solo 12 ore al giorno. Durante le ore notturne occorre aspettare l’intervento dei mezzi MSA di Asti o Casale Monferrato. Stiamo parlando di circa 66.000 persone che non dispongono del presidio H24; a differenze dei nostri concittadini del Sud Astigiano che hanno visto attivare il servizio 118 H24 proprio nei giorni scorsi.
So che anche il Sindaco di Moncalvo si è espresso pubblicamente a sostegno dell’iniziativa e si è attivato per sostenere l’iniziativa.
I recenti avvenimenti che tutti ancora ricordiamo e dai quali finalmente iniziamo ad uscire, ci hanno confermato quanto la salute, e i relativi presidi sul territorio, siano fondamentali per noi cittadini.
A questo link è possibile firmare la petizione
E siamo alla fine di ottobre e anche quest’anno, puntuale come la cometa di Halley, è in programma la Fiera del Tartufo di Moncalvo.
Si comincia domenica 24 ottobre per poi replicare domenica 31 ottobre. Il programma è bene o male lo stesso degli anni passati. Parafrasando un vecchio detto calcistico: “programma che vince non si cambia”. Nelle attività collaterali alla fiera anche quest’anno ci sarà la possibilità della passeggiata tra le colline, la visita ai vecchi camminamenti del castello di Moncalvo. Sarà ovviamente aperto il Museo Civico con la sua Collezione Montanari di arte moderna e la possibilità di visitare le chiese di Moncalvo per ammirare le opere di Guglielmo e Orsola Caccia.
Presente in fiera lo stand gastronomico della Pro Loco di Moncalvo per chi volesse gustare uno street food tartufoso e per chi non si accontentasse c’è la possibilità del pranzo (su prenotazione) sempre presso la Pro Loco oppure nei ristoranti dei dintorni.
Si trovano tutte le informazioni sia sul sito web (il solito da anni ormai) o sulla relativa pagina Facebook.
Segnalo che quest’anno c’è la novità del programma della fiera consultabile online come un pdf da sfogliare. Nulla di trascendentale. Lo trovate a questo link.
https://www.flipbookpdf.net/web/site/c8b294087308547862a5f99347f905ecdd35634e202110.pdf.html
Nulla di nuovo quindi e temo che le idee scarseggino o forse ci si contenta di come le cose stanno.
Ma io una visita alla Fiera, nonostante tutto, continuo a consigliarla.