Archive for the ‘riflessioni’ Category

Rette Parallele e la cultura del dono

Tuesday, April 8th, 2025

Sabato 5 aprile 2025 il Teatro di Moncalvo ha ospitato “Rette Parallele”, uno spettacolo che parla di Fibrosi Cistica e donazione organi.

Sono andate in scena storie di persone che sono affette da questa malattia genetica rara (la Fibrosi Cistica) e storie di persone che hanno ricevuto il dono di un trapianto che ha permesso loro di avere una seconda occasione.

Lo spettacolo scritto da Sara Cornelio e dal regista Samuele Carcagnolo vuole essere uno sguardo senza filtri sulle sfide quotidiane imposte dalla malattia; ma tocca anche temi universali come l’amore e soprattutto la rinascita, per chi ha ricevuto in dono un trapianto d’organo, concreta possibilità di cura e di nuova vita.

Purtroppo Sara Cornelio ci ha lasciati nel 2022 a soli 23 anni; ma nel corso della sua breve esistenza ha vissuto la sua vita cogliendone il senso profondo della bellezza e della ricchezza. Ha conosciuto la paura e la difficoltà e le ha trasformare in una lezione di gioia e amore che ha cambiato oltre alla sua vita, quella delle persone che l’hanno conosciuta e di coloro che tutt’oggi la scoprono attraverso le sue opere e scritti. Aveva tanti sogni e progetti che continuano a vivere e a fiorire nel suo ricordo e nel suo esempio.

Lo spettacolo, emozionante e toccante, è stata un’occasione per celebrare la vita, la nostra umanità, l’amore e la solidarietà che lega tutte le persone, indistintamente, anche se spesso ce ne dimentichiamo.

Per noi, quelli della seconda occasione, è stato come rivivere le paure, i dubbi, le lotte, i sensi di colpa e inadeguatezza che scaturiscono dalla nostra malattia. Ma è stata anche l’occasione per celebrare la rinascita dopo il dono, la gioia, la gratitudine infinita verso il nostro donatore e la volontà di affrontare nuovamente la vita.

Sostenete la ricerca, dite “SI” alla donazione organi, diffondete la cultura del dono, la gentilezza, la luce, la speranza, la vita.

Aido

Fondazione per la ricerca sulla Fibrosi Cistica

Il dono di Sara

Quando altri mettono per iscritto quello che senti

Friday, April 4th, 2025

E’ molto che non scrivo sul blog. Ho altresì ridotto di molto la presenza sui social. Forse è solo un periodo, o forse è che incomincio davvero a pensare che la nostra presenza in rete, il nostro continuo far sapere agli altri quello che pensiamo, quello che facciamo, quello che diciamo non è che una forma mascherata di affermazione personale. E questo inizia a spaventarmi.

Mi spaventa questo desiderio di pensare a se stessi come qualcosa di importante per gli altri, indistintamente. Questa tentazione di utilizzare tutta la nostra “forza” (come direbbe Simone Weil) per esercitare un dominio, per quanto illusorio sia.

Sono questi i pensieri, confusi, frammentari, contrastanti, che in questi ultimi tempi mi si presentano sempre più spesso. Pensieri che hanno trovato una forma, una logica in questo post di Massimo Mantellini.

Leggo quello che Massimo scrive da quando sono su internet e se in qualche modo sono qui con un blog è anche a causa sua.

Mai come adesso mi sono ritrovato in quello che ha scritto.

Nessun uomo è un’isola

Friday, November 15th, 2024

“Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso“

Partirei da qui. Dal fatto che noi siamo persone che hanno necessità di relazioni con gli altri. Per realizzarsi pienamente come uomini/donne. Per essere parte dell’umanità. e queste relazioni con gli altri non possono basarsi sulla forza; perché la forza corrompe e isola (direbbe S.W.).

Occorrono relazioni di reciprocità; ma anche qui non nel senso del do ut des perché si ricadrebbe (secondo me) nell’uso della forza; perché chi di noi rinuncia volontariamente ad esercitare tutta la propria forza (di qualunque natura sia) nei confronti degli altri?

Credo che l’unico modo di essere delle nostre relazioni con gli altri sia quello dell’ascolto e del dono; nel riconoscere nell’altro una parte di me (anche brutta e feroce) e sforzarsi di vedere (nonostante tutto) un altro essere umano.

Perché forse la differenza è in fondo tutta qui: chi scommette comunque sull’umanità delle persone e sulle loro capacità di essere tali; e su chi invece pensa che in fondo non c’è redenzione per gli altri.

Non è un paese per giovani

Sunday, February 25th, 2024

Uno stato, una società, che non si interroga (anzi spesso giustifica) la violenza contro ragazzi e giovani, è una società che non vuole un futuro; una società che non potrà avere nessun futuro.

I ragazzi hanno idee, sogni, libertà, necessità di essere ascoltati, capiti, amati per quello che sono. Noi cosa stiamo facendo invece?

Anche a Moncalvo

Un paese ci vuole … ma senza esagerare

Saturday, March 4th, 2023
moncalvo da villa foa

La famosa frase di Cesare Pavese scritta in La luna e i falò: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via…” mi offre lo spunto per una riflessione.

Qualche giorno addietro, su una famosa pagina FB moncalvese (di cui ne scorgo sempre più chiaramente i limiti) è ricomparso un post nostalgico su quanto era bella Moncalvo, quanti negozi c’erano, come è cambiata (sottointeso in peggio) e così via.

Ovviamente il post ha nuovamente scatenato decine di commenti a tono, leggendo i quali ho scoperto che si sta provando a scrivere un libro sulla storia dei negozi di Moncalvo.

Iniziativa che rispetto, ci mancherebbe, ma che trovo nostalgica e inutile.

Nostalgica perché idealizza un passato che non potrà tornare e dal quale non si vuole imparare per guardare al futuro. E inutile perché non serve a promuovere una vera cultura commerciale e d’impresa della quale siamo carenti.

Questa cosa del continuare a guardarsi l’ombelico (Moncalvo, la storia di Moncalvo, i negozi di Moncalvo eccetera) senza alzare lo sguardo oltre le nostre colline è il segno della nostra decadenza. Della nostra incapacità di affrontare la realtà e il mondo.

Siamo sempre più poveri culturalmente e incapaci di affrontare le sfide che sono davanti a noi e per questo idealizziamo un passato guardandolo con nostalgia, ma senza impararne la lezione.

Aveva ragione Pavese: un paese ci vuole, ma per andare via. Per non rimanere intrappolato da una cultura chiusa, autoreferenziale, che non alza lo sguardo oltre le colline. Un paese ci vuole per darci la spinta iniziale, per avere una pista di lancio per la vita e per il futuro.

Moncalvo (e i moncalvesi) riusciranno finalmente ad alzare lo sguardo oltre la propria collina?

Perché Milano è Milano

Sunday, January 29th, 2023
il bosco verticale

Tutte le volte che ritorno a Milano rimango affascinato e colpito per quanto dobbiamo a questa città. Io provinciale e piemontese che ama comunque Torino, è comunque consapevole dei limiti della nostra “metropoli piemontese” che, checché se ne dica, manca di quel quid che invece distingue la lombarda Milano.

di vetro, acciaio e cielo

Milano è la città che ci rende internazionali, europei. La città dove accadono le cose; dove lo sguardo non si ferma alla collina di fronte. Noi vediamo Milano come il futuro e loro forse ci vedono come qualcosa comunque da preservare come avevo già scritto qui.

passeggiare davanti alla storia

Che stranezza! Noi invidiamo la loro capacità di vivere nella modernità, lo stare sempre al passo con i tempi, la frizzante vita culturale e mondana. E loro invece ci invidiano la nostra vita più slow, più a misura d’uomo e non sempre una perenne corsa.

L’Italia è piena di città con storie straordinarie, eppure credo che nessuna sia come Milano e il suo incredibile mix di storia e modernità.

il naviglio

Perché Milan l’è on gran Milan

Quella casa in montagna

Monday, June 13th, 2022

Da ragazzo ho imparato ad amare la montagna facendo campi-scuola in questa casa dei Salesiani. Estati passati a giocare nel grande parco, in giro per Gressoney, in passeggiata verso il Colle Pinter e i suoi laghi, o verso il Passo di Valnera.

Le serate nel grande salone con i giochi che non finivano mai alle 22:30 e che cercavamo di prolungare almeno fino alle 23. Le missioni notturne verso la cucina e le spaghettate abusive delle due di notte.

Giornate di sorrisi, amicizie, incontri, circondati dalla bellezza del Monte Rosa che ci guardava benevolmente come quei sette ragazzi di Gressoney che lo scalarono per cercare la mitica valle incantata, terra di origine dei Walser.

Eravamo felici come solo i ragazzi sanno esserlo, o forse era solo perché allora era più facile essere felici rispetto ad oggi.

Ormai sono anni che quella casa è stata venduta ed è chiusa. Eppure tutte le volte che torno a Gressoney non posso fare a meno di andarla a vedere. Si cerca sempre di ritornare nei luoghi dove si è stati felici; anche quando si è coscienti che il passato non potrà ritornare. E’ una delle maledizioni di noi uomini.

Io non potrò mai fare grandi scalate o lunghi trekking, e non so nemmeno se riuscirò mai a realizzare il mio sogno di arrivare almeno alla Hochlicht (Alta Luce) o anche solo sotto la TestaGrigia. Purtroppo così è la mia vita, la vita di uno della seconda occasione. Alcune cose mi sono state ridate, altre tolte.

Ma in quella casa ho imparato ad amare la montagna, ad amarla come si amano le persone che ci sono più care. Sapendo di essere riamato così come sono, con i miei limiti e difetti.

In montagna non mi sono mai sentito inadeguato anche non potendo raggiungere una vetta. Ho imparato che conta molto di più come affronto il sentiero, piuttosto che arrivare in cima, e dove puoi solo scendere perché non puoi andare in nessun altro posto.

Ho un piccolo rito quando raggiungo una meta (un colle, un rifugio, una piccola cima): lascio una pietra che ho preso a valle. Perché anche io sono una pietra che è rotolata giù dalla vita.

E’ una delle tante cose che ho imparato in quella casa da ragazzo.

Moncalvo nella sua bolla

Friday, May 27th, 2022
moncalvo
Piazza Garibaldi, il “salotto” di Moncalvo

In questi giorni si è scatenata una polemica su una nota pagina Facebook moncalvese. Non starò a disquisire sul merito, anche perché i relativi post sono stati rimossi non so se dall’amministratore della pagina o da chi li ha scritti.

Resta però l’amarezza dell’ennesima conferma sulla nostra incapacità di concepire la rete come qualcosa di diverso dall’estensione del nostro ego; andando al di là del chiacchericcio e delle polemiche da bar.

L’avevo già scritto in tempi non sospetti dell’involuzione dei moncalvesi riguardo la cultura digitale e l’utilizzo di internet, in particolare i social. Ma quel che è peggio (credo) è la nostra incapacità di pensare, di riflettere sul passato per poi guardare al futuro.

A volte davvero mi sembra che Moncalvo e i moncalvesi vivano in una bolla separata dal resto del mondo; incapaci di guardare oltre l’orizzonte delle nostre colline, idealizzando un passato che credono di conosce ma che in realtà ignorano completamente; e quelle rare volte che capita di trovare persone che hanno conoscenza del passato, lo fraintendono e sono incapaci di trarne lezioni per attualizzarne gli insegnamenti.

Siamo diventati non una comunità, ma un aggregato, un insieme di gruppi autoreferenziali che stanno insieme solo per forza centripeta. Se cessasse questa forza, ci disgregheremmo senza colpo ferire.

A volte penso all’amico Mauro Anselmo e a quel gruppo di ragazzi che negli anni 70 ebbero il coraggio (e la caparbietà) di fondare un giornale a Moncalvo. Certamente il contesto di allora era profondamente diverso da quello attuale, ma non credo che l’idea di allora: sprovincializzare Moncalvo, farlo partecipe della realtà che lo circonda; sia da buttare, anzi secondo me è quanto mai necessaria.

l'eco moncalvese
una pagina dello storico giornale L’Eco Moncalvese

Certamente le modalità non potranno essere le stesse, perché il passato non ritorna e nella vita il tasto “rewind” non c’è mai. Questo non significa però che non sia possibile provare a mettere in pratiche quelle idee con nuovi strumenti adeguati alla realtà odierna.

Una MoncalvoLab ci servirebbe; sulla falsariga dell’associazione Lab121. Eccome se ci servirebbe.

Vecchi appunti e vecchi libri

Monday, April 25th, 2022
Simone Weil, Cahiers II

Ci sono libri che ti rimangono dentro per sempre. Sono libri che hai letto magari parecchi anni addietro, eppure sono lì; incastonati nel tuo cuore. E continui a leggerli e a rileggerli e ad appuntarli.

Verità che hai scoperto a poco a poco; capitolo per capitolo e parola per parola. Ci hai scommesso la tua giovinezza su certi libri, su certe idee, su certi pensieri.

Ma sai anche che non ti pentirai mai di questo. Perché i libri ci accompagnano e noi siamo i libri che abbiamo letto.

Sempre pronti anche ad ascoltare e capire?

Sunday, April 3rd, 2022

Siamo sempre pronti a condannare, a puntare il dito. Lo facciamo spesso anche quando non comprendiamo molto delle ragioni che spingono a certe scelte.

Noi sappiamo. Noi ci informiamo su internet (malamente) e questo ci autorizza a giudicare con misure precisissime le azioni altrui. Ma non applichiamo le stesse misure nel giudizio di noi stessi.

Siamo bravissimi ad imporre (e posare) pesi sulle spalle degli altri, ma questi pesi ci guardiamo bene dal portarli noi stessi e ancora meno ci passa per la mente (e il cuore) di aiutare chi li porta.

Viviamo nascosti dietro i nostri profili social e i nostri schermi, facendo trapelare di noi un’immagine non sempre corrispondente di noi stessi.

Alcuni sono senza vergogna, mentre altri passano la vita a vergognarsi.

Eppure non c’è niente di più importante nei rapporti umani della capacità di ascoltare e capire.