Questo è un periodo difficile, cerco di non pensare al fatto di essere soggetto a rischio e quindi provo a scrivere qui alcune riflessioni su questo #iostoacasa. Questa appena passata è stata la mia prima settimana di smart working. Ho la fortuna di fare un lavoro che posso fare anche da casa e ho sempre la fortuna di lavorare per una azienda dove il mio capo ufficio è persona preparata e lungimirante che per tempo mi ha messo nelle condizioni di svolgere il mio lavoro da casa. Certo prima erano momenti sporadici, quando c’era qualcosa di urgente; mai come ora, con una presenza costante tutto il giorno per 5 giorni; come in ufficio. Questo non vuol dire che tutte le aziende del Monferrato sono pronte; anzi, io sono un’eccezione e la situazione più comune in zona è quella di turnarsi o stare a casa con permessi/ferie.
Adele inizia a sperimentare didattica digitale. Anche qui ci sono luci ed ombre. Noi abbiamo il pc; ma sono tanti genitori dei compagni di classe di Adele ad avere solo cellulari, al massimo tablet. Ci si muove un po’ così, su un terreno sconosciuto perché finora non sembrava “utile” usare questi nuovi strumenti nella didattica; e invece ci stiamo rendendo conto che servono, eccome se servono.
Lo smart working è esperienza bella, un nuovo modo di lavorare e collaborare con i colleghi. Però deve essere possibile metterlo in pratica. Serve infrastruttura, in primis connessioni veloci (e possibilmente simmetriche) che solo la fibra può dare, inutile girarci intorno; il mito del “mobile first” come osservato giustamente da Massimo Mantellini ha prodotto enormi danni e ritardi sull’infrastruttura e sulla cultura digitale di questo paese. Idem per la didattica digitale. Come si può pensare di fare didattica digitale su di uno schermo da 6” con i giga che si consumano a vista d’occhio?
Non vi racconto le incazzature di questa settimana per la
connessione lenta. Sulla carta la mia adsl è una fino a 20/1 mbps; mai andato
oltre i 6/0,5 mbps. E badate che è lusso qui da me! E non venitemi a dire che
si può tranquillamente navigare a 6 mbps!! Lo smart working non è navigare,
serve banda anche in upload e vi voglio vedere a caricare documenti a 0,5 mbps!
Non è più tempo (non lo è mi stato per la verità) di paragonare la rete alla
televisione; dove c’è qualcuno (pochi) che hanno i contenuti e li mettono a
disposizione di molti. La comunicazione in rete è bidirezionale e come tale non
può che essere simmetrica. Immaginatevi un cellulare dove da una parte puoi
parlare ma dall’altra solo premere i tasti Si, No.
E quindi è inutile che ci riempiamo la bocca di smart working, rete, cultura digitale, didattica online, se manca sia l’infrastruttura che la cultura. Bisogna studiare la cultura digitale e contemporaneamente investire nell’infrastruttura. E qui entrano in gioco la scuola e le amministrazioni locali. La prima ha l’arduo compito di formare le nuove generazioni e educarle alla cultura digitale sia utilizzando strumenti tradizionali sia le nuove possibilità offerte dalle nuove tecnologie. E non pensate che sia semplice! Le difficoltà, le diffidenze, le incomprensioni che ho sperimentato in questi giorni con Adele a casa da scuola sono indice di quanto la strada da percorrere sia lunga; ma come direbbe Steve Jobs: “il viaggio è il premio”. Si cerca di fare il possibile. Alcuni insegnanti sono più portati, altri meno. Ma occorre comprendere che non possiamo più chiudere gli occhi e che acquisire competenze di didattica digitale sarà indispensabile nel futuro.
E le amministrazioni locali? Qui è più ardua la questione. Certo non possono essere loro che fisicamente posano l’infrastruttura; però devono creare le condizioni perché ciò possa avvenire, fare rete con altre realtà del territorio per fare pressioni affinché anche nelle nostre aree arrivi finalmente la banda larga; promuovere le esperienze di cultura digitale tra i cittadini, divulgarle, incentivarle. Non pensare che basta avere il wi-fi per avere la banda larga; il 4G o il 5G. Serve fibra, e computer. Non pensare che tutto questo si riduca allo solita pagina facebook preparata per le elezioni e aggiornata quando capita. Lo ripeto: come la cultura digitale non è la sua infrastruttura, così la rete non è facebook.
Spero che questa esperienza ci faccia acquisire la consapevolezza che per Moncalvo e per il Monferrato, l’investire risorse ed energie nei prossimi anni sulla banda larga e la cultura digitale deve essere la priorità per lo sviluppo del nostro territorio. Senza questo saremo condannati ad un lento ed inesorabile declino e non ci sarà turismo, cibo, vino, cultura che tenga.
E permettetemi una nota personale: ci si può anche scontrare per visioni differenti su questi temi; sul percorso migliore da fare, ma alla lunga le persone in gamba si incontrano sempre.