A Moncalvo sembra di essere ritornati ai tempi di Peppone e Don Camillo; con la differenza che sono passati più di 50 anni da quando Giovannino Guareschi raccontava le vicende del parroco e del sindaco di Brescello, e finito il tempo dello scontro ideologico Est/Ovest adesso l’oggetto del contendere sono diventati l’oratorio e i giovani.
Non mi dilungherò sulla vicenda, chi vuole la può seguire su alcune pagine FB moncalvesi, vorrei però fare una piccola riflessione cercando di portare qualche idea senza pretendere di avere la verità in tasca.
Come avevo già scritto in un precedente post, la donazione Piacenza alla Parrocchia di Moncalvo è stata un vero e proprio regalo alla città, un gesto d’amore verso Moncalvo e i suoi cittadini da parte di una famiglia che, e non sembri un paragone inadeguato, è stata la Olivetti del Monferrato.
Ora questa donazione fatta alla parrocchia, in un momento come quello che stiamo attraversando e dopo le vicissitudini del crollo del muro che ha reso inutilizzabili gli spazi esterni del vecchio oratorio, ha permesso di poter comunque organizzare il servizio di estate ragazzi garantendo a moltissime famiglie moncalvesi (e non) di avere un posto sicuro (ed educativo) dove poter lasciare i propri figli. Cosa che non era per nulla scontata.
Inoltre questa donazione permetterà in prospettiva di poter pensare veramente “in grande” per Moncalvo, i suoi abitanti e gli abitanti dei paesi vicini. Si possono davvero fare grandi cose; basta avere cuore, coraggio, idee.
E con tutta questa grazia (è davvero il caso di dirlo) ci dividiamo per delle travi marce e per una sanzione amministrativa emessa con troppo zelo? Ma non capite che davvero o risorgiamo, adesso, tutti insieme come comunità o è finita? Senza uno sforzo comune di idee e impegno, io non credo che Moncalvo sopravviverà. Ormai è anni che siamo sotto la sogli critica dei 3000 abitanti e continuiamo a scendere; non abbiamo più “grosse” realtà produttive nel nostro territorio (Fassa è un’eccezione), i commercianti sono anni che si lamentano che fanno fatica, le aziende agricole non sono valorizzate e i giovani disdegnano la campagna. Certo, valorizziamo la cultura, abbiamo recuperato parte dei vecchi camminamenti del castello, abbiamo il museo; ma io credo che in qualche modo questa sia cultura di nicchia, slegata dalla vita dei moncalvesi e li lascia come l’acqua che scorre sul marmo: non intacca la loro vita.
Insomma un lento declino; ma proprio adesso, con un gesto che ricorda in modo sorprendente quanto era stato fatto durante la II guerra mondiale quando si fondò la fabbrica della T.T. che salvò Moncalvo e permise il suo risorgere nel dopoguerra, ecco la donazione della famiglia Piacenza con l’occasione irripetibile per progettare la Moncalvo del futuro.
Non devo certo essere io a ricordare alla attuale maggioranza che nel 2014 aveva nel suo programma proprio il riutilizzo della vecchia T.T. e anzi, stando a quanto scritto, sembrava solo questione di tempo. E adesso che davvero si ha la possibilità di realizzare qualcosa si fanno le ripicche perchè non si è i protagonisti del lascito? Ma proprio la grandezza del dono dovrebbe indurre a capire che serve la collaborazione di tutti.
Vogliamo fare cultura del territorio? Raccontiamo cosa è stata la famiglia Piacenza per Moncalvo; raccontiamogli che se sono ancora qui, a Moncalvo, è perchè 75 anni fa qualcuno ha scommesso che le loro nonne avrebbero fatto ottime camice e le ha convinte a non caricare le loro misere cose su un carro come invece è accaduto in moltissimi altre regioni italiane.
Vogliamo avere un futuro? Investiamo sui giovani, sulle loro idee, aiutiamoli a crescere in un luogo dove possano sperimentare e mettere in pratica i loro sogni. La famosa Moncalvo Lab è qui, in via Piacenza, basta avere il coraggio di realizzarla.
Ma serve la collaborazione di tutti. Comune e Parrocchia.
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