Quando poi ci passerà la sbornia ideologica, allora spero potremmo ragionare su questi ultimi anni. Su quello che è successo, sul come e sul perché.
Aveva ragione Faber quando cantava “anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”. E noi tutti, anche noi moncalvesi, siamo responsabili di questi giorni che stiamo vivendo.
Siamo responsabili di aver dato credito a quanti ci dicevano di non fidarci l’uno dell’altro. Siamo responsabili di aver messo alla base del nostro rapporto con gli altri il sospetto e il terrore di essere ingannati. Siamo responsabili di aver costruito non una comunità, ma una serie di gruppi autoreferenziali, in perenne tensione e competizione l’uno con l’altro.
E forse, cosa ancora più grave, abbiamo permesso che il nostro rapporto con gli altri si basasse sul potere; Simone Weil direbbe sulla Forza. Che è spesso la forza di una posizione di prestigio; altre volte è la forza morale o spirituale di una posizione o di una persona.
Abbiamo permesso che passasse l’idea di vedere l’altro non come un fratello, con cui condividere un pezzo di cammino, ma come una persona (nella migliore delle ipotesi) da correggere e inquadrare nel nostro schema mentale preconfezionato, o peggio, da assimilare nel nostro gruppo, come fanno i Borg di Star Trek.
Siamo spaventati dalla diversità perché la vediamo come una minaccia alla nostra vita, alla nostra visione del mondo. Perché ci siamo autoconvinti che la nostra visione è la sola giusta e tutte le altre sbagliate. Mentre è solo dalla diversità che può nascere la ricchezza dell’uomo, ed è proprio la diversità che preserva la nostra umanità.
Ci siamo costruiti una corazza, come gli angeli di Win Wenders, che ci fa vedere la realtà in bianco e nero invece che a colori. Ma noi siamo angeli con una sola ala, che non possono volare se non abbracciati ad altri. Non ci serve la corazza, ci servono mani per stringere ed abbracciare. E sorrisi per accogliere e ascoltare. E gambe per camminare insieme verso mete comuni.
In questi ultimi anni a Moncalvo e nel mondo sono accadute molte cose. Spesso siamo stati spettatori distratti ed indifferenti, pensando che quello che facevamo noi era comunque giusto.
Io non sono di questa opinione. E credo ci vorrà molto tempo per uscire dal tunnel nel quale ci siamo infilati. Ma si esce dalla caverna se si prende coscienza che le ombre che vediamo non sono la realtà. La realtà è fuori, è altrove.
Potremmo recuperare il nostro essere comunità, il nostro senso di società solo quando inizieremo a pensare come “noi” e non come “io e i miei”.
Quando inizieremo nuovamente a condividere, quando penseremo che nessun uomo è un isola, che nessuno può farcela da solo, allora saremo sulla strada giusta.
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