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Storia di una FAV e di Twitter

Friday, March 2nd, 2018

Noi trapiantati renali (come tutti i trapiantati) siamo persone speciali. Prima del trapianto il nostro corpo si è adattato a convivere con una macchina (il rene artificiale) che ci permetteva di vivere. La dialisi è di due tipi: Peritoneale o Emodialisi. Il sottoscritto ha fatto emodialisi per mezzo di una FAV prossimale al braccio destro. In parole povere una FAV è niente altro che un collegamento diretto tra una vena ed una arteria in modo che per mezzo di aghi (di giuste dimensioni) sia possibile trasferire il sangue al rene artificiale, pulirlo (questo fanno essenzialmente i reni) e rimetterlo nel paziente.

Una FAV è, nei dializzati un punto critico, e non è raro che si formino trombi o si infiammi eccetera. Quando finalmente si è tra i fortunati trapiantati, di norma la FAV non venendo più usata tende a chiudersi spontaneamente o megli si trombizza senza conseguente.

In rari casi si assiste a trombosi con infiammazione. Ebbene potevo farmi mancare qualcosa? Nella notte tra giovedì e venerdì scorso mi sveglio con un dolore al braccio e lo vedo come ci fosse una pallina da ping pong sottocute dove la FAV.

Cazzo che succede? La fistola è chiusa! Non dovrebbe essere così. Al mattino vado in ospedale e il mio nefrologo tutto “contento” mi dice: era anni che non vedevo una cosa simile un raro caso! Che culo penso io, ma in pratica? Ti va bene che sei trapiantato, niente che non si possa curare con una quindicina di giorni di antibiotico e siringate di eparina.

E così con un braccio che sembra quello di braccio di ferro, cefalosforine e eparina mi accingo a passare i miei 15 giorni fortunati di marzo.

Ma ogni cosa ha il suo risvolto positivo. Raccontando della botta di culo avuta su Twitter, mi sono ritrovato oggetto di affetto, comprensione, incoraggiamenti e vicinanza umana, come non mi era capitato da tempo. Persone sconosciute, se non la conoscenza iniziale che si può avere dopo appena tre mesi di social, che mi hanno espresso affetto e vicinanza, virtuale fin che si vuole, ma che io ho sentito sincera.

Capisco che qui stiamo sottilizzando e che non “costi nulla” mettere un like e scrivere un tweet. Ma credo anche che questi sono i nuovi strumenti di iterazione tra le persone e che lo si voglia o no dobbiamo dare un senso anche a questo. E a me piace dare un senso positivo.