Ieri, complice la bella giornata e un giorno speciale da festeggiare, siamo andati con Adele in montagna a Gressoney. Era praticamente due anni che non ci andavamo, ma nulla è cambiato da allora e tutte le cose che a me e Katia piaccino della montagna ci hanno regalato una giornata divertente e rilassante.
Il paesaggio, i prati verdissimi con i fiori dai mille colori, le cime del monte rosa innevate, il testa grigia con il bivacco lateltin, le mucche , le capre e le pecore al pascolo, i silenzi la sensazione di infinito che solo la montagna può darti: tutto bello.
Capanna Carla è sempre l’ottimo ristorante che ricordavo, Serena e Federico fanno sempre l’ottimo bicerin e la buonissima pasticceria al Caffè Lyskamm, il lago Grover con il suo parco giochi è sempre un ottimo posto per far giocare bambini e rilassare adulti e dove Adele non finiva più di giocare.
Eppure tornando a casa mi ha preso la malinconia, non perchè passerà tempo prima di ritornare avendo promesso ad Adele di fare il picnic al lago, ma perchè sulla via del ritorno siamo passati da Wald dove abbiamo visto una folla di ragazzi di un oratorio divertirsi come matti. E mi è ritornato in mente questo post che parla anche di occasioni mancate. E la malinconia si è fatta sentire.
Oggi è un giorno triste per Moncalvo: è stato celebrato il funerale del Dott. Bruno Giordano, deceduto venerdì sera, stroncato da un malore.
Il Bruno, come tutti i suoi pazienti lo chiamavano, è stato per anni il dottore della mia famiglia e poi mio. Una persona per la quale non c’erano ferie o feste. Tutti i giorni dell’anno li dedicava ai suoi pazienti. Una persona di una cultura e di una umanità che in pochi altri ho ritrovato. Un amico oltre che un modello di dedizione e serietà nel fare il proprio dovere.
Le persone care ci lasciano e per noi che rimaniamo non resta che il ricordo e cercare, nel nostro quotidiano, nel nostro piccolo, di mettere in pratica i valori che erano la loro ragione di vita.
Sono appena tornato da una piacevole serata in compagnia di un vecchio amico e maestro. Appuntamento come ai vecchi tempi, sotto casa, macchina e poi via in direzione di Vignale Monferrato, sperando che la vecchia birreria? vineria? osteria?, come si chiamava? ci sia ancora.
Il locale c’è ancora, tutto sommato simile a come lo abbiamo lasciato più di 10 anni fa. Un poco trasformato, ora ci puoi fare anche una cena informale, ma comunque ancora frequentato da gruppi di ragazzi come eravamo noi.
Ordiniamo, io vino, l’amico birra (è sempre stato un appassionato delle birre) e poi i ricordi e le riflessioni fluiscono come un torrente, tra un sorso e l’altro. Ci scopriamo vecchi, la famiglia che impegna tempo e energie, molti ideali della gioventù traditi, sogno non realizzati, forse anche piegati dalle difficoltà della vita, ma non vinti.
Le riflessioni e i commenti su fatti, accaditimenti e persone del presente e del passato si susseguono e sono tentato di ordinare il secondo bicchiere conscio del fatto che un minimo di eccitazione alcolica sia di rigore in questi casi. Ma ormai il tempo incalza, gli impegni di domani ci stanno già reclamando, la vita e le responsabilità ci fanno alzare, pagare e tornare a casa.
Rientrato a casa ho pensato alle differenze che ho trovato nell’amico rispetto al ragazzo conosciuto in gioventù; e sono certo che anche lui ha fatto altrettanto con me. Siamo cambiati entrambi, la vita e il tempo hanno inciso nel nostro cuore e nella nostra mente i loro segni indelebili. Ma la stima e l’affetto da parte mia nei suoi confronti è immutato. Spero anche da parte sua.
Sabato 5 maggio, (e penso che la data non sia stata scelta casualmente), sarà inagurata la biblioteca dell’Istituto Comprensivo di Moncalvo, dedicata a due persone che sono nel cuore dei moncalvesi: la Prof. Silvia Cerruti e la piccola Serena Duso.
Sarà una bella giornata per la scuola, i ragazzi, Moncalvo. Fateci un salto, ne vale la pena.
Il 18 marzo scorso è terminato l’anno anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia. Manifestazioni dovunque, Moncalvo compresa, grandi dibattiti sul risorgimento e via discorrendo. Ma forse oltre a guardarci indietro per ritrovare o riscoprire il perchè siamo una nazione, per comprendere meglio le ragioni del perchè siamo così; sarebbe stato bello che guardassimo anche al futuro, immaginando un’idea di come “fare gli italiani” dei prossimi anni. Come giustamente osserva Gramellini su La Stampa alla festa è mancato il futuro.
Nella Giornata della Memoria in ricordo delle vittime del Nazismo segnalo questo bel post scritto dal Prof. Gallo e dagli alunni della IIIA e IIIB dell’Istituto Comprensivo di Moncalvo.
Sempre oggi il Comune di Moncalvo ha in programma la commemorazione della Giornata della Memoria nel salone della Biblioteca Civica insieme alle classi delle III medie dell’Istituto Comprensivo di Moncalvo, per poi spostarsi in Vicolo XXVII Gennaio per l’accensione delle candele in ricordo delle vittime del Nazismo.
Cento anni fa nasceva a Milano il grande Nino Rota, assieme ad Henry Mancini e Ennio Morricone, forse il più grande autore di colonne sonore di sempre.
Il Post gli dedica un bell’articolo dove è possibile ascoltare alcune delle sue splendide colonne sonore. La mia preferita è quella del Padrino.
Il 15 novembre del 1971 la Intel annunciava la produzione della prima cpu l’ormai mitica 4004. Il capo del progetto era l’italiano Federico Faggin emigrato (che strano vero?) negli USA.
Molti anni sono passati, l’informatica ha compiuto passi da gigante rispetto a quella prima cpu a 4 bit e 720KHz, peggio che una lumaca rispetto ai processori odierni. Eppure tutto iniziò allora e a farlo fu un italiano. E quest’ultimo particolare spesso ce lo dimentichiamo. E invece, sopratutto in questi tempi, dovremmo avere più memoria, più orgoglio di quello che siamo. Perchè, almeno per me e con rispetto parlando, il mio senso di appartenenza all’Italia, il mio patriottismo non trovano motivazioni nel rinascimento, nel risorgimento, nell’arte o nella cultura o in Dante piuttosto che Leopardi o Montale. Per carità ci sono anche queste ragioni, ma forse sarebbe ora di smettere di guardare ad un passato che sentiamo lontano e fuori tempo ed aggiornare i punti di riferimento di quel sentimento collettivo dal nome antisonante di orgoglio nazionale. Si potrebbe pensare come ha scritto Luca Sofri nel libro Un Grande Paese una lista “moderna” di cose che rappresentano la bellezza dell’Italia e ci rendono orgogliosi di essere italiani, per tornare ad essere un paese giovane, libero da ingombranti romanità e cappelle sistine che legittimano l’attaccamento al vecchio e ogni resistenza alla modernità.
Ecco, nella mia personale lista di cose che sono un campione della bellezza di essere e sentirsi italiani ci metto Federico Faggin.