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Il progetto di futuro Next Generation Piemonte

Saturday, May 1st, 2021

Non so se i miei concittadini moncalvesi (e piemontesi) hanno letto il fantasmagorico elenco di progetti “Next Generation Piemonte”. Il libro dei sogni che sarà presentato al Presidente Draghi da Regione Piemonte per il Recovery Plan.

Io non ho conoscenze sufficienti per giudicarlo. Ma vorrei davvero capire quanti e quali di questi 1200 progetti abbiano veramente a che fare con l’idea di ripartenza che sta alla base del Recovery Plan EU.

Certamente quello che mi ha colpito (su Moncalvo) è il progetto del parcheggio sotterraneo.

Next Generation Piemonte

Qui invece le proposte dei giovani (che forse hanno le idee più chiare)

La grande occasione e piccoli borghi

Friday, March 26th, 2021

La grande occasione per i piccoli borghi è un progetto ambizioso lanciato da Angelo Tibaldero e da un gruppo di giovani ragazzi.

Una visione limitata

Chi legge questo blog sa quanto io sia scettico di fronte alle iniziative estemporanee, calate dall’alto, in particolare quelle che riguardano la rete o il nostro futuro. Spesso questi progetti non approdano a nulla; perché incapaci di cambiare la realtà delle cose. Hanno il grosso difetto di essere fini a se stesse, non fanno rete intono a sé.

La grande occasione è fare rete

Ed è quindi con piacere che parlo del progetto lanciato da Angelo Tibaldero con La Grande Occasione. Perché ha qualcosa di diverso. In primo luogo è un’associazione di studenti e professionisti. Secondariamente ha una grande ambizione: ravvivare le piccole comunità facendole nuovamente tornare protagoniste del territorio, creando un network tra amministrazioni locali, imprenditori, associazioni, cittadini per trovare soluzioni ai problemi comuni. Partono con il passo giusto: creare un network. Sanno che da soli non possono fare tutto.

Inoltre mi piacciono molte delle idee alla base di questa iniziativa. In particolare l’idea del nomadismo digitale che può davvero essere una risorsa preziosa per le piccole comunità. E’ importante rendere attrattivi i nostri borghi sia dal punto di vista della qualità della vita, sia da quello della connettività.

Credo anche che sia giunto il momento (e i progetti di La Grande Occasione vanno nella direzione giusta) di fare di tutto per trattenere ed attrarre giovani talenti. Chi, se non loro, possono valorizzare i grandi tesori che tutti i piccoli borghi italiani hanno. E se pensate che in Italia ci sono oltre 5500 piccoli comuni con meno di 5000 abitanti (praticamente il 70% dei comuni italiani) capite bene quanto territorio (con tutto quel che segue) rischia di essere abbandonato al suo destino.

Il passato come stimolo per il futuro

Lo stesso Angelo Tibaldero e i suoi amici, se non fossero spinti da profonde motivazioni di amore verso il loro “piccolo mondo”, potrebbero tranquillamente sfruttare il loro talento altrove. E questo renderebbe il nostro territorio, e tutti noi, più poveri. Invece hanno deciso di giocare qui la partita della vita, nei borghi che li hanno visti nascere. Sono cittadini del mondo ma hanno scoperto di voler realizzare il loro sogno nel luogo dove sono nati.

le radici sono come degli elastici: ti puoi allontanare migliaia di chilometri ma loro (tenacemente) ti riportano indietro

Ecco perché seguo con interesse il cammino di questo progetto, e spero che abbia successo. Perché parte dai giovani, parte dai protagonisti del futuro e non dai comprimari.

Impegnarsi

Credo che il futuro della nostra disgraziata e meravigliosa Italia passi anche dal futuro dei suoi borghi più piccoli. E sono convinto che progettare il futuro sia un lavoro di squadra. Dove ciascuno deve fare la sua parte e nessuno può chiamarsi fuori o delegare.

Persone che sognano un futuro diverso per il luogo dove vivono. Che hanno il coraggio della gioventù e l’esperienza della persona matura. Persone che provano a darsi (e dare a noi) un futuro con La Grande Occasione.

Un uomo senza rabbia non è niente. Ma un uomo senza sogni è ancora meno.

Eccidio Banda Tom: la necessità della memoria

Monday, January 25th, 2021

Ho già scritto della Banda Tom sul blog e su Twitter. E proprio sabato 15 c’è stato il 76° anniversario dell’eccidio e la commemorazione ufficiale alla cittadella di Casale Monferrato.

Una commemorazione che ha suscitato molte polemiche a causa delle sciagurate frasi pronunciate dal sindaco di Casale Monferrato.

Segnalo tra le tante reazioni di giusta protesta civile volte a ristabilire la verità dei ragazzi della Banda Tom trucidati dai nazifascisti casalesi, quella del caro amico Diego Musumeci (consigliere comunale di Moncalvo ed insegnante) che ha scritto sulla propria pagina Facebook:

“…i ragazzi della banda Tom combattevano contro il nemico che veniva dal Nord …”. Ehhh no, Sindaco di Casale: vennero trucidati dai FASCISTI casalesi!!! Tom e altri ragazzi scelsero coraggiosamente la lotta partigiana per opporsi al regime fascista e dal 1943 la banda fu attiva nel casalese e nell’astigiano. La banda Tom fu catturata a Casorzo, imprigionata, torturata, umiliata nel freddo inverno del 1945 e, infine, uccisa il 15 gennaio da un plotone composto da molti fascisti casalesi. Tom e gli altri ragazzi combattevano contro i fascisti e furono uccisi da italiani come loro che avevano, però, fatto un’altra scelta di campo. La storia non si cambia. Nessuna ideologia politica odierna può permettersi di rivedere i fatti e gli avvenimenti storici a suo uso e consumo contro ogni evidenza storiografica e documentale. La pacificazione è un atto dovuto ma solo nel rispetto della verità e dei reciproci ruoli. Bisogna imparare ad accettare che il male non arriva solo da fuori e che la grandezza di un popolo, o di una nazione, non si misura sulle sue macchie e sulle sue colpe ma, bensì, sulla loro accettazione e sui modi di fare ammenda.”

Segnalo anche il video pubblicato dall’attore Mario Saldi, esponente di Casale Bene Comune

https://www.facebook.com/1569882978/videos/10221795343664025/

Tra pochi giorni celebreremo il Giorno della Memoria. E ne abbiamo più che mai bisogno.

L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.
Liliana Segre

E sempre a proposito di visioni: quelle sbagliate

Sunday, January 17th, 2021

Quando parlo di incapacità di fare rete, di fare gruppo, di ragionare come territorio intendo anche questo.

Questo pensare, come il Marchese del Grillo: “io sono io e voi non siete un caxxo”; che inquina il nostro modo di essere, di ragionare. Come se condividere e fare gruppo ci sminuisse, diluisse la nostra identità (parola che non sopporto molto) in un calderone dove nessuno è più sé stesso.

E’ questo il più grande difetto che abbiamo. Questo pensare che bastiamo a noi stessi e gli altri si aggiustano. Questo idealizzare il campanile, il passato come ragione di essere e non come punto da cui partire. Ci dimentichiamo che il mondo è un po’ più grande di quello che noi vediamo dalla nostra finestra.

Questo ho pensato quando ho letto su La Stampa l’articolo che parla di “Asti 2030” e dell’iniziativa del vicepresidente regionale Fabio Carosso.

Ma non perché non credo in queste idee. Tutt’altro. E’ proprio perché ci credo che non posso accettare questo modo di comportarsi da parte di un amministratore pubblico. Questo ragionare di uno contro altri.

Poi non posso non notare la “strana” analogia con l’iniziativa della Fondazione Goria Visionari 2030. A me sembra un maldestro tentativo di rubare le idee senza avere la capacità di condividerle e collaborare alla loro realizzazione, fare rete.

Appunto il Marchese del Grillo.

Innovare per se o innovare anche per gli altri?

Saturday, December 5th, 2020

Leggo su una nota pagina facebook moncalvese di un commerciante che pubblica un video dove comunica a tutti che chiuderà il negozio perché non si sente di passare al nuovo registratore di cassa telematico.

E’ vero che pubblicare video e gestire pagine facebook non significa saper usare le nuove tecnologie e le opportunità offerte. Però a me pare una contraddizione.

E la contraddizione non è tanto nel rifiutare il nuovo registratore di cassa ma gestire una pagina facebook; il paradosso è proprio nell’incapacità di spiegare, di fare cultura dell’innovazione.

E se questo è un difetto che accomuna una grande fetta della società italiana, qui da noi, in Monferrato, è ancora più evidente. E badate che non si tratta poi tanto di una cattiva volontà di imparare da parte delle persone. Manca proprio la capacità di educare alle nuove tecnologie, alle opportunità che offrono. Qui da noi mancano gli insegnanti, le persone che spiegano come e perché innovare, quelle persone che con esempi pratici ti spiegano perché pensare in digitale è pensare il futuro; è guardare avanti senza nostalgia di un passato che non sarà più (volenti o nolenti) quello di prima.

Non serve a nulla innovare solo per se stessi, per il proprio privato. Porterà all’inizio benefici di mera soddisfazione personale, che però non aiuteranno altri, non spingeranno altri a seguire quella strada.

Finché questo paese continuerà a pensare analogico in pubblico, ma digitale in privato non ci sarà mai innovazione. Saremo sempre come i mie colleghi d’ufficio: ingegneri informatici per quanto riguarda la gestione dei propri gingilli elettronici personali (smartphone, pc, netflix, social, foto, ecc), ma assolutamente degli incapaci nel momento in cui si tratta di usare queste competenze nel lavoro o nella vita pubblica.

Visionari 2030, quale futuro tra 10 anni?

Friday, November 20th, 2020

Ho letto della bella iniziativa messa in campo dalla Fondazione Goria e che riguarda il nostro territorio: Visionari 2030. Come immaginiamo il Monferrato, queste colline meravigliose, questa nostra Moncalvo tra 10 anni, nel 2030?

Ecco questa è davvero una iniziativa meritoria. Un voler pensare e progettare il futuro, senza essere preoccupati di quello che può succedere la prossima settimana; o peggio del consenso politico/personale alle prossime elezioni.

Un territorio che si pensa e prova ad immaginarsi tra 10 anni è un territorio che ha a cuore il futuro delle nuove generazioni. Ha capito che programmare i propri investimenti, sfruttare bene le proprie risorse, saper attrarre (e mantenere) i talenti in loco sono ormai “vincoli” che non possono essere infranti, pena un lento e inesorabile declino.

Altra caratteristica di questa iniziativa è il coinvolgimento dei cittadini, delle persone. Non il solito convegno con le solite facce, i soliti esperti. Stavolta si parte dal basso, dal coinvolgimento della società civile, dall’ascoltare i giovani, gli anziani, i contadini, gli imprenditori. Ognuno di noi ha la propria visione, un’idea di futuro, un sogno. E magari è quella giusta. Quella che manca per dare la svolta decisiva ad un territorio in perenne decollo ma che mai spicca davvero il volo.

Mai come in questo periodo c’ bisogno di futuro, di immaginarlo, di sognarlo, di realizzarlo.

Le pietre d’inciampo di Moncalvo

Sunday, October 11th, 2020

Ho già scritto altre volte della Comunità Ebraica Moncalvese, sia qui, sia su Twitter. Una comunità importante per la storia di Moncalvo, una risorsa preziosa, che purtroppo come altre in questo disgraziato paese, è stata sprecata. Moncalvo, paese di contemporanei, senza antenati né posteri, perché senza memoria, rischia di dimenticare. Ma alcuni, tenacemente, sono qui, tra noi, a mantenere vivo il ricordo e con esso la memoria. Se questi taceranno, grideranno le pietre è stato detto.

Questo pensavo oggi, passeggiando per la campagna moncalvese, lasciandomi guidare dai ricordi, che mi hanno portato a Villa Foa, l’abitazione dell’indimenticato Piero Norzi che è stato per anni anima e memoria dell’ultima famiglia ebraica rimasta a Moncalvo.

moncalvo da villa foa
Moncalvo vista da Villa Foa

Moncalvo vista da Villa Foa appare così, un serpentone di case amiche sul crinale della collina di fronte. E certamente dovette apparire così anche ai nonni e agli zii di Piero, certi che da quelle case non potesse arrivare il tradimento. La vigna vicino alla casa, a testimoniare il legame antico con il territorio; il viale di alberi ad ombreggiare le torride estati e rendere dolci e malinconici le giornate autunnali.

il vigneto di Villa Foa
il vigneto di Villa Foa

Troppi anni, troppi ricordi, troppe cose legavano quel paese sulla collina, all’interno del quale si ergevano ancora il ghetto e la sinagoga, alla famiglia di Piero. Impossibile che da lì arrivasse l’orrore, la morte, il tradimento.

ingresso Villa Foa
ingresso Villa Foa

Invece così è stato. Da quelle case arrivarono i nazifascisti e i nonni e gli zii di Piero vennero catturati e deportati ad Auschwitz. Non tornarono. Piero, sua sorella, i loro genitori erano riusciti a scappare prendendo un treno per Milano e poi per la Svizzera.

Anni dopo Piero con la sua famiglia ritornò a Moncalvo, unica famiglia rimasta dopo secoli di storia. Ma lui tenacemente, perseverava nel conservare la memoria, anima e motore di svariate iniziative culturali.

“Dio conservaci la memoria” è preghiera laica che tutti dovremmo recitare. Perché tutti siamo continuamente tentati dal tradimento. Perché tutti noi, chi più chi meno, ha tradito. La memoria aiuta a non tradire, a perseverare nella costanza della libertà, a rimanere sullo stretto sentiero della giustizia.

pietre d'inciampo Moncalvo
le pietre d’inciampo a Moncalvo

I figli di Piero e l’amico Diego, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale hanno fatto in modo che Moncalvo, per prima nell’astigiano, abbia le “pietre d’inciampo” a ricordo e memoria di Clelia Vitale Foa, Adua Nunes, Alberto Colombo, Amerigo Colombo, deportati ad Auschwitz. Come in vita furono privati del loro nome e della loro storia, così in morte la loro memoria durerà in eterno scolpita sulla pietra.

Se questi (se noi) taceranno, grideranno le pietre. Questo pensavo guardando Villa Foa, il vecchio cimitero ebraico, la vecchia sinagoga, le pietre d’inciampo nel Vicolo 27 Gennaio.

Questo pensavo guardando il bel video di Icews (Alice Isnardi) con scene girate proprio all’esterno di Villa Foa; un bellissimo modo per ricordare.

Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti,
questo mucchio di specchi rotti.

P.S: Questo post è dedicato a Deborah Norzi. Glielo dovevo.

L’eco dal passato

Monday, September 21st, 2020
il numero 0 dell’Eco Moncalvese gennaio 1974

Ci sono giornate che sembrano uguali a tutte le altre.  Poi accade che una parola, un dialogo, un incontro, una fotografia, facciano si che quella giornata che stancamente si trascina avanti, diventi un giorno da ricordare.

E’ un’esperienza comune a molti di noi. A me è successo recentemente, proprio l’altro giorno. Ero insieme a Don Giorgio (parroco di Moncalvo) e discutevamo di come rimettere in piedi il vecchio sito internet della parrocchia. Parlando della necessità di pubblicare con costanza dei contenuti per evitare il proliferare dei soliti siti vetrina (mio vecchio pallino per quanto riguarda la cultura digitale moncalvese), ci accade di citare l’amico giornalista Mauro Anselmo e la sua prima esperienza con l’ormai dimenticato giornale “L’Eco Moncalvese”.

Immediatamente Don Giorgio si lancia a recuperare un libro con una raccolta dei numeri di questo storico giornale moncalvese che ha segnato (almeno un poco) la storia della nostra città tra gli anni 1974-1978. E nel libro ecco apparire in tutto il suo “splendore storico” il numero 0 (la copia omaggio) pubblicato proprio all’inizio del 1974 con l’editoriale “un giornale perché e per chi” credo scritto proprio da Mauro Anselmo insieme a Bruno Pomero, entrambi anima e promotori di quella storica iniziativa.

il numero del giugno 1975 per le elezioni amministrative

Certo il contesto storico dell’epoca era ben diverso da quello attuale; c’era un fermento civile tra i giovani che oggi è difficile ritrovare. E quel fermento si scontrava con una società moncalvese ancora molto legata alle tradizioni (e alla DC che in quegli anni la faceva da padrone a Moncalvo). E nonostante tutto ecco dei giovani, all’epoca tutti di sinistra o comunque simpatizzanti, che prova a cambiare. E va ricordato che il successo alle elezioni amministrative del giugno 1975 della lista di sinistra formata dal PSI-PCI con sindaco il compianto Umberto Micco, che dà a Moncalvo l’unica, finora, amministrazione “di sinistra” della sua storia, va ascritto certamente, almeno in parte, all’Eco Moncalvese e ai suoi ragazzi.

Ma tralasciando le analisi storico-politiche e ritornando alle emozioni suscitate dallo sfogliare quelle pagine di giornale ingiallite dal tempo, non posso non ricordare come con quell’iniziativa si volesse davvero sprovincializzare l’ambiente moncalvese, per renderlo se non internazionale, perlomeno nazionale e conscio di far parte di un contesto ben più ampio delle colline che lo circondano.

Un sentimento di orgoglio per Moncalvo, la sua gente e il suo territorio pervade quelle pagine. Ma accanto all’orgoglio si legge chiaramente la volontà di far entrare la nostra città nella modernità, nei problemi dell’Italia, fornendo soluzioni e suggerendo iniziative specifiche proprio della realtà moncalvese. Come non ricordare le interviste agli amministratori comunali, a Don Carlo indimenticato e rimpianto parroco, agli artisti moncalvesi, a quegli artigiani, commercianti, operai, contadini che rappresentavano il tessuto sociale della comunità di allora.

E tra le varie interviste non posso non ricordare come il Mauro avesse intervistato mia mamma e il sottoscritto (all’epoca appena seienne) durante il periodo di dialisi domiciliare (allora ero uno dei pochissimi e in qualche modo mia mamma è stata un’avanguardia). Un articolo che aimè ho perduto e spero di ritrovare. Come non ritenerlo significativo quel pezzo, anche alla luce del percorso, professionale e umano, poi fatto dal Mauro.

Ecco: ricordi ed emozioni che hanno accompagnato una giornata di inizio autunno moncalvese. Persone che hanno in qualche segnato la tua vita e che forse hanno ancora qualcosa da insegnarti a distanza di anni. E sarebbe davvero lodevole che insieme si studiasse un’iniziativa per valorizzare queste esperienze.

Perché dal passato si possa immaginare un futuro.

Birrando a Moncalvo e polemiche

Tuesday, September 8th, 2020

E’ passato qualche giorno dalla manifestazione Birrando a Moncalvo, ma la polemica sull’opportunità di questa iniziativa non si è ancora placata.
Nei giorni 3-4-5 settembre Moncalvo è stata sede di questa manifestazione itinerante dove assieme alla degustazione di birre artigianali era abbinato lo street food. In molti hanno polemizzato sull’opportunità di questa iniziativa per tutti i possibili problemi di assembramento e sicurezza per il Covid-19.

Certamente l’argomento delle sicurezza è reale, tenuto conto che sono state annullate manifestazioni ben più importanti e storiche del territorio: Festa delle Cucine Monferrine, Festival delle Sagre, Palio e che la stessa Douja è stata organizzata in un modo completamente diverso proprio per garantire la sicurezza.
Ma non è questo il punto sul quale vorrei soffermarmi. Quello che proprio non ho apprezzato è stato è stato il patrocinio del Comune di Moncalvo alla manifestazione.

Sia chiaro che non ho nulla contro la manifestazione Birrando in se; quello che non capisco è come l’amministrazione comunale moncalvese, che si fa vanto di essere dalla parte del territorio moncalvese, dei suoi agricoltori, dei suoi commercianti e ristoratori, insomma che si fregia di essere paladina del turismo e della promozione del territorio (ricordiamoci le varie iniziative social e compagnia briscola) abbia dato il patrocinio a Birrando, spacciandola anche per un momento di ripresa del territorio e ritorno alla normalità. Ma come? Una manifestazione dove si degustano birre artigianali (non tipiche del Monferrato) e si assapora street food (non monferrino) un momento di ripresa del territorio e aiuto?
Ma se proprio si voleva fare una manifestazione, a maggior ragione come segno di ripresa e ritorno alla normalità per il territorio, a nessuno è venuta in mente l’idea di coinvolgere gli agricoltori, i produttori di vino del territorio, i ristoratori, i commercianti e gli artigiani, e con loro, e per loro, immaginare una manifestazione? Tipo come si faceva anni fa Vinifera con i produttori, i panettieri, i salumieri. Ma possibile che non si riesca mai a lavorare insieme per il bene di Moncalvo?

Un’amministrazione comunale che rinuncia alle più tipiche espressioni del territorio per patrocinarne altre (che poco hanno a che fare) a mio avviso ha perso in partenza.

Ritorno alla T.T. tra passato e futuro

Sunday, June 21st, 2020

Cari amici moncalvesi,

oggi c’è stata una sorta di inaugurazione del nuovo oratorio; o meglio il ritorno ufficiale dell’oratorio nei vecchi locali della ex fabbrica T.T.

Ad un mese di distanza è stato possibile, grazie all’immenso lavoro di Don Giorgio e dei danti volontari, entrare nel vecchio oratorio nuovamente sistemato ed agibile, ed è stato un po’ come tornare ragazzi.

Tutti noi moncalvesi, siamo entrati in quei cortili, in quelle stanze, ed abbiamo aperto i cassetti dei ricordi più belli, dell’innocenza, della spensieratezza. E ci siamo commossi. Ho visto non pochi occhi lucidi sopra le mascherine; occhi persi nei ricordi.

Ma io credo che non si possa vivere di ricordi e purtroppo Moncalvo ha questo limite: vive troppo nel ricordo di un passato che non tornerà più, che non può tornare per una semplice ragione: perché non abbiamo imparato, non abbiamo saputo partire dal passato per immaginare un futuro.

Quante occasioni abbiamo sprecato. Quante ricchezze abbiamo dilapidato. Ma adesso abbiamo l’opportunità della vita. L’occasione per dimostrare che noi un futuro per Moncalvo sappiamo immaginarlo, partendo proprio dai giovani. Partendo dalle loro idee, dalla loro voglia di futuro, dalla loro capacità di immaginare che le cose possono essere diverse da come sono.

Non è però pensabile che una sola parte di Moncalvo possa farsi carico di portare avanti questo progetto. Qui davvero o risorgiamo tutti insieme come comunità, o cederemo un centimetro alla volta, un’idea dopo l’altra e per Moncalvo sarà una sconfitta così grande che difficilmente ci rialzeremo.

In questo inverno dei nostri cuori, di fronte alle sfide che ci aspettano dopo questi mesi di lockdown non dobbiamo rifugiarci in un passato idealizzato e consolante. Ma partendo dal passato, immaginare e progettare un futuro tutti insieme, finalmente come comunità e non come insieme di individui.

Nel 1943, in quei mesi disperati, un parroco lungimirante di nome Don Bolla e un imprenditore illuminato di nome Gino Piacenza, seppero immaginare per Moncalvo e per il Monferrato un futuro diverso. Con uno sguardo che travalicava lo spazio e il tempo costruirono una fabbrica là dove si progettava una caserma, evitando possibili bombardamenti, e facendo lavorare (e studiare) le donne, le mamme, le spose, permisero a centinaia di famiglie di vivere, non disperdersi, non emigrare, ma rimane qui, sul territorio; gettando le basi per quella ricostruzione che ha permesso a Moncalvo di essere quel che è: un punto di riferimento del territorio.

Adesso è il momento di riprendere quello slancio, quella visione profetica. Adesso è il momento di non avere paura. Ognuno deve fare la sua parte. C’è bisogno di tutti, da chi può lavorare con le braccia a chi invece può magari solo scrivere, pensare, portare idee.

Cari amici moncalvesi il futuro è adesso e dipende anche da noi. Io ci sarò e voi?