Posts Tagged ‘personale’

In vista del Natale 2020

Sunday, December 13th, 2020

Si avvicina questo strano Natale 2020 e anche io mi sto rendendo conto che non sono come quello degli anni passati.

Gli esami sono andati benino (si poteva fare meglio eh!) però ho quella sensazione che quest’anno sarà diverso. Non so, sono triste, pensieroso e pessimista.

No, non sarà come gli altri anni. E questo mi rattrista.

Un dono lungo 13 anni

Friday, November 6th, 2020

Cara amica, oggi sono passati 13 anni dal tuo dono. Mai avrei pensato di festeggiare il nostro anniversario nel bel mezzo di una pandemia ed in lockdown.

Quando ci incontriamo nei miei sogni vedo sempre il tuo sorriso da lontano. Ti intravedo tra le nebbie e capisco che mi guardi con affetto, eppure il tuo volto mi sfugge sempre. Lo so che ti vedrò alla fine di tutto, ma non puoi immaginare il mio desiderio di vederti completamente.

Come raccontarti questo anno appena trascorso? Questi mesi con gioie e dolori, avvenimenti felici e altri tristi? Non avere paura per me e per il tuo dono. Cerco di comportarmi bene e di stare attento. Nonostante tutto.

Adesso siamo nuovamente in lockdown, bloccati nella nostra quotidianità grigia come se ci avessero tolto il futuro. Viviamo così, come sospesi in attesa di poter tornare alla nostra vita. Un po’ come quando ero in dialisi. Ma paradossalmente in quel periodo mi sentito più protetto di ora. E con meno rimorsi; più rassegnato.

Lo so che non approvi il mio “senso di colpa” che mi trascino dietro dal giorno del tuo dono. Non riesco ancora ad accettare completamente, a sentirmi degno, adeguato al tuo gesto d’amore.

Provo a scriverti parole su di te e sul nostro rapporto, ma più scrivo, più mi rendo conto di quanto siano inadeguate e poco adatte. Non è facile raccontare il ritorno alla vita grazie al gesto d’amore di altri. No, non è facile.

Alcune belle persone che ho conosciuto su Twitter (e sono certo che ti sarebbero piaciute) a volte mi chiamano Mau. Non gli ho mai detto che immagino sempre che anche tu mi chiami così. Un’abbreviazione piena di affetto e tenerezza.

Buon anniversario cara amica. Mille e mille tenerezze

La donazione degli organi e l’anonimato

Monday, June 8th, 2020

Ricopio qui il tweet che ho scritto ieri sera a caldo dopo un servizio mandato in onda dal TG1 delle 20:00 del 07/06/2020 sulla donazione degli organi.

Questa sera al TG1 hanno fatto vedere un servizio sulla mamma di un ragazzo deceduto per un brutto incidente. Questa mamma ha acconsentito alla donazione degli organi del figlio, in particolare dei polmoni che sono stati trapiantati ad una persona colpita da Covid-19.
Ovviamente abbraccio fraterno alla mamma e ammirazione immensa per il dono che ha acconsentito venisse dato alla persona che lo ha ricevuto.


Come non abbracciare e baciare quella mamma? Come non amarla? Come non essere dalla sua parte? Così come non gioire per una vita che rinasce? Per una persona alla quale viene concessa una seconda occasione per puro amore? Io l’ho provato sulla mia pelle. Non passa giorno che non mi interroghi sul significato del dono ricevuto. Come non passa notte che i miei sogni non siano abitanti dalla “mia amica” come ormai ho preso a chiamare il mio donatore.

Non pensiate che chi riceve un organo e ritorna alla vita non si interroghi sulla sua identità che non può non riconoscere che non coincide più con la sua vecchia; avendo ricevuto una nuova “iniezione di vita” in modo gratuito e questa presenza popola la nostra vita, le nostre notti; ci guida nelle scelte, è parte di noi ormai.

Detto questo, come non trovare inappropriato il servizio? Ricordo che la legge 91/1999 che disciplina la donazione e il trapiantato d’organo garantisce l’anonimato anzi è un obbligo di legge. Tant’è che si è pronunciato su questo anche il Comitato Nazionale di Bioetica che nel parere del 27/09/2018 ha ribadito che l’anonimato deve essere garantito nella fase iniziale e successiva al trapianto e solo dopo che sia trascorso un congruo tempo, previa espressa volontà sia della famiglia del donatore sia del ricevente si può superare (eventualmente) l’anonimato. Inoltre sempre il CNB auspica che eventuali rapporti tra famiglia del donatore e il ricevente siano gestiti da enti terzi possibilmente del S.S.N.
Ecco, a mio modesto parere il servizio del TG1 è andato oltre.

Sarebbe auspicabile rispettare le indicazioni del CNB e comunque lasciare che queste scelte siano discusse nelle sedi appropriate e non forzando le cose in un modo o nell’altro.
Vogliamo parlare di donazione di organi? Invitiamo chi può parlare e testimoniare per esperienza personale: intervistiamo i trapiantati, intervistiamo le associazioni come Aido che da anni si impegnano tutti i giorni per la diffusione di una vera ed autentica cultura della donazione e del dono.
Facciamo pubblicità, informazione sul consenso informato, sulle attività di promozione della donazione e lasciamo fuori (almeno in questo campo) gli scoop o i servizi strappalacrime e consensi facili. Non servono a nulla e non cambiano la realtà intorno a noi; perché di storie come Nicholas Green non sempre ce ne sono.

Le maestre di Adele

Sunday, June 7th, 2020

Questo periodo di lockdown è stato certamente duro per tutti e ci ha profondamente colpiti, lasciandoci cicatrici che non dimenticheremo. Ci ha cambiati? Forse si, forse no. Ancora non riesco a darmi una risposta definitiva.

Certamente ha colpito in modo violento e drammatico un settore della nostra società tra i più importanti: la scuola. Per gli insegnanti e i ragazzi è stata una vera e propria rivoluzione e comunque la pensiate è stata una svolta, un cambio di passo imposto più con la forza delle circostanze che con la scelta degli insegnanti.

Non voglio certamente negare che in Italia ci siano stati insegnanti che durante questo periodo sono “scomparsi” e/o si sono limitati alla solita routine magari utilizzando la DAD solo per l’assegnazione dei compiti. Credo però che la maggioranza del corpo docente della scuola, pur consapevoli dei propri limiti nella DAD, si sia gettato anima e corpo in questo impegno verso di nostri ragazzi nel farli comunque sentire a scuola.

Certo ci sono state aree di eccellenze, altre meno. Ed occorrerà riflettere bene sulle conseguenze di esclusione che la DAD implica verso i soggetti più deboli e verso le famiglie con un digital divide culturale più marcato. La vera sfida che la scuola si troverà ad affrontare nel futuro sarà proprio questa. Infatti non credo che si potrà tornare indietro. E’ pertanto necessario trovare soluzioni che limitino i danni che un uso massiccio della DAD necessariamente porta con se.

Qui a Moncalvo, nella classe V elementare frequentata da Adele abbiamo avuto la fortuna di incontrare maestre straordinarie; che da subito si sono messe in gioco loro per prime con la DAD e poi insieme ai genitori e ai bambini hanno saputo attraversare questo periodo di lockdown senza mai scoraggiarsi, senza mai abbandonare al loro destino i bambini.

Videolezioni, compiti, verifiche, videochiamate di classe; tutto per non far pesare il dolore della quarantena ai bambini: per non farli sentire abbandonati da loro e dai compagni. Per non parlare della collaborazione costante, del dialogo sempre aperto e costruttivo con i genitori,

Un impegno nel quale le maestre della classe V elementare di Moncalvo non si sono risparmiate; giornate, serate, sabati e domeniche. E questo loro impegno generoso e totale a me ha ricordato (ancora una volta) il discorso di Al Pacino nel film “Ogni maledetta domenica”; perchè appena dopo la chiusura delle scuole me le sono immaginate così: “o adesso noi risorgiamo come classe, come scuola, oppure cederemo, un centimetro alla volta, una materia dopo l’altra, fino alla sconfitta. “

Queste maestre hanno saputo risalire le pareti dell’inferno di questo lockdown un centimetro alla volta, portandosi dietro i nostri ragazzi. E adesso che siamo alla fine e siamo alla somma, questi centimetri hanno fatto la differenza: avete vinto!

Grazie Cristina, Gabriella, Simona, Stefania, Valeria. Grazie di cuore di aver fatto parte della nostra vita, della vita dei nostri bambini. E’ stato un onore per noi questo cammino insieme.

Perchè come ha citato giustamente Adele: nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui.

L’attenzione

Sunday, May 24th, 2020

In un bellissimo libro che consiglio: “la variante di Luneburg” c’è una parte dedicata all’attenzione. Il protagonista sbaglia una mossa di scacchi e perde la partita. Il suo maestro gli fa trovare, il giorno dopo, un articolo di cronaca dove c’è raccontato un incidente con vittime. L’articolo è accompagnato da poche righe dove ci si domanda se quello che è accaduto non fosse dipeso anche dalla scarsa attenzione della mossa.

Simone Weil ha scritto cose bellissime sull’attenzione definendola la forma più rara e pura di generosità e come non ricordare in film blu di Kieslowski la frase rivolta alla protagonista: “bisogna sempre guardarsi intorno”.

Chi può dire con certezza che le proprie parole o azioni non hanno nessuna influenza? Il fatto stesso di essere qui su internet è perché pensiamo (la maggioranza di noi) che perlomeno i nostri pensieri qualcosa valgono e ci piacerebbe condividerli con gli altri. Una sorta di attenzione agli altri nel cercare di donare un qualcosa di noi. Ma c’è anche un’attivazione verso se stessi, lo sforzo di pensare bene, di scrivere bene, non dimenticando che le nostre parole sono pesanti.

L’attenzione ci permette di raccogliere i frutti più profondi della propria umanità, sospendendo il nostro pensiero per lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile dall’oggetto.

Pasqua 2020

Sunday, April 12th, 2020

Oggi è Pasqua, una Pasqua diversa dal solito e probabilmente unica. Per i credenti la Pasqua è il centro della fede perchè se Cristo non è risorto vana è la nostra fede e noi siamo i più reietti degli uomini.

Ma anche se non siamo credenti questa Pasqua assume un significato simbolico come mai prima. E’ davvero un passaggio epocale; chi di noi potrà dire sinceramente che nulla è cambiato e siamo gli stessi di prima?

Dobbiamo cambiare. Ma lo facciamo perchè costretti dalle circostanze o perchè siamo realmente convinti che serve una nuova via, un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di vivere,un nuovo modo di stare insieme, un nuovo modo di amare? Più veri, più sinceri, più umani di quelli che finora abbiamo praticato.

Nella cultura Ebraica, la Pasqua oltre al significato che conosciamo, è anche il momento in cui si butta via il vecchio lievito e si genera quello nuovo. Ecco il significato del pane azzimo.Per un certo periodo non è ancora pronto il nuovo lievito e pertanto il pane è azzimo, non lievitato. E’ nutrimento, sostiene l’uomo, ci nutre, ma non è buono al palato, non ci soddisfa appieno.

Ma adesso è Pasqua. Il lievito è pronto dopo questa lunga quaresima. E’ il momento di impastare il nuovo pane con il lievito nuovo. E’ il momento di ritrovare la nostra umanità e fratellanza.

E’ il momento di far lievitare la nostra vita insieme agli altri, per gli altri. Ognuno di noi può e deve fare fare la sua parte in modo che davvero #andratuttobene e il domani sia ancora più radioso e gli abbracci ancora più veri di quelli di oggi.

Non ci deve abbandonare la speranza, non dobbiamo farci abbattere dalla tristezza e dal dolore. Ritroveremo il significato della nostra vita ancora più chiaro, ritroveremo la nostra capacità di amare ancora più forte, le nostre amicizie ancora più vere, la bellezze del mondo ancora più sfolgorante. Non perdiamo la speranza. Il dolore, la malattia, la morte non hanno l’ultima parola sull’uomo e questo vale sia per chi crede, sia per chi non crede.

Questo è il mio augurio per questa straordinaria Pasqua 2020: non tenere nulla del vecchio lievito e impastare il nuovo pane con solo il nuovo lievito perchè davvero sia un nuovo inizio.

Auguri darlings mille e mille tenerezze

Le stories di Aido Asti

Wednesday, April 8th, 2020

Gli amici di Aido Asti mi hanno chiesto di raccontare la mia storia. La trovate qui se vi avanzano 5 minuti

La Parrocchia di Moncalvo e la sua comunità ai tempi del Covid-19

Thursday, March 26th, 2020

Come i miei affezionati 5 lettori sanno, il sottoscritto, trapiantato e immunodepresso è persona a rischio in questo periodo di quarantena. Ho lavorato in ufficio fino a fine febbraio, poi grazie alla grande professionalità dell’azienda dove lavoro (in particolare del mio capo) abbiamo attivato lo smart working.

Il problema che però si è presentato in questi giorni è la scorta dei farmaci immunosoppressori che devo assolutamente prendere per il trapianto. Sono medicinali che non si trovano in farmacia, né possono essere prescritti dal proprio medico di famiglia. Vengono consegnati direttamente dal centro trapianti. Ho telefonato in ospedale e l’infermiera mi ha detto: “scordati di venire in ospedale; tu sei a rischio; cerca di mandare qualcuno”. Già, mandare qualcuno. Ma chi? Katia? Poteva essere una soluzione, Lei è forte, non a rischio, però se va male è come se andassi io stesso; non è che non ci frequentiamo io e Katia….

Ci è venuto in mente il nostro parroco Don Giorgio. Sappiamo che lui adesso è costantemente in ospedale (è un ex infermiere), la chiesa e l’oratorio sono chiusi, ma lui ancora più di prima (è anche cappellano in ospedale) si prodiga per gli altri, gli ultimi, per chi ha bisogno.

E’ bastato un semplice messaggio ieri pomeriggio e oggi hanno suonato alla nostra porta; era Don Giorgio nella sua classica divisa d’ordinanza da “non prete” (con mascherina e guanti) con il pacco dei farmaci. Credo che manco se lo convocasse Papa Francesco si vestirebbe da prete 🙂 ) Un breve scambio di parole (a distanza), un saluto affettuoso fatto con gli occhi (come una carezza) e via: io in casa e lui verso il suo gregge, verso gli altri. Credo di non averlo mai sentito così vicino, così “mio parroco” come in questi momenti.

Ma oltre a Don Giorgio, vorrei ricordare qua l’amica Stefania con cui periodicamente ci sentiamo e che mi ha portato altri farmaci più comuni. La Rosetta e il Sandrino del negozio di alimentari di Moncalvo; oltre che prodigarsi a portare la spesa a casa per molti cittadini (io compreso) sono persone di una rara umanità e gentilezza. Il Fabio del negozio di verdura, la Susanna della farmacia, Anna Lettera che sta cucendo mascherine, la Scuola di Moncalvo e tutti gli insegnanti che si stanno impegnando per i nostri ragazzi, e potrei continuare…

Forse ci stiamo riscoprendo, pur tra mille difficoltà, una comunità unita e questo, una volta passata la tempesta, non dovremmo dimenticarlo.

La seconda settimana di smart working

Saturday, March 21st, 2020

Da lunedì 16 ho iniziato la seconda settimana di smart working. Inizio ad abituarmi all’idea di lavorare da casa per un periodo che sarà lungo. Leggendo in rete le esperienze di altre persone che fanno smart working ho cercato di copiarne i suggerimenti.

Il primo che ho messo in pratica è quello di cercare di avere una routine; nel mio caso svegliarmi come dovessi andare effettivamente in ufficio, quindi colazione e poi collegarmi e lavorare con l’orario effettivo dell’ufficio 8:00-12:30, pausa pranza, 13:30-17:00.

Il secondo suggerimento che ho messo in pratica, che può sembrare banale, è quello di vestirmi come dovessi effettivamente uscire; certo non ho messo “la vestimenta”, ma non sono rimasto in pigiama proprio per entrare in una ottica lavorativa.

Sono due piccoli accorgimenti che mi hanno aiutato a superare il primo momento di imbarazzo; quel momento in cui ti metti davanti al pc e pensi: “e adesso?”.

Una prima riflessione che voglio mettere qui, nero su bianco, è che non siamo ancora effettivamente pronti per lo smart working; sia dal punto di vista delle aziende, sia da quello dei lavoratori. E’ un modo di lavorare diverso, e questa sua diversità deve essere compresa e programmata. Non è pensabile fornire la tecnologia per lo smart working alle persone e poi trasferire semplicemente l’attuale modo di lavorare. Non può funzionare così. Il lavoro deve essere in qualche modo ripensato.

Penso alla prime telefonate o alle prime mail dei colleghi: ho chiesto al capo se potevo chiamarti/scriverti……. Ma se ho mandato una mail a tutti dicendo che da oggi lavoro da casa, mi potete contattare come sempre ……

Non siamo ancora pronti; però questo tempo “sospeso” che ci è dato può essere usato per studiare e progettare. E’ anche questa un’occasione. Cerchiamo di coglierla.

Riflessione fine anno 2019

Tuesday, December 31st, 2019

E’ finito un altro anno. Molti di noi in questi giorni fanno un bilancio dell’anno trascorso e alcune volte è positivo, altre negativo. Io non ho mai amato fare bilanci a fine anno; per me la vita non è una “partita-doppia”; un dare-avere. Per me la vita è un cammino, una strada da percorrere. A volte in salita, a volte in discesa; ma sempre in compagnia di qualcuno, perché è questo l’importante: camminare insieme. Con qualche persona cammineremo per molto, con altri di meno. Con ognuna di loro condividerò un pezzo della mia vita, delle mie esperienze, delle mie emozioni; e nella condivisione non c’è un dare-avere perché ognuno prende e dona contemporaneamente.

Certo a volte ci si ferma per prender fiato perché stiamo faticando, per aspettare qualcuno rimasto indietro, per rialzare chi è caduto. E’ la nostra vera natura di uomini. Ci realizziamo pienamente solo insieme agli altri, nel rapporto con gli altri. Nessun uomo è un’isola, intero in sé stesso; e questa verità non dovremmo mai dimenticarla.

Ma se la vita è un cammino, io come sto camminando? E con chi? E verso dove? Sono domande che periodicamente mi ritornano e alle quali cerco (barcamenandomi molto) di dare risposte. Durante il percorso di quest’anno ho raggiunto certamente alcuni traguardi che mi hanno riempito di gioia; altresì mi sono reso conto sempre di più di quanto manchino alcune persone nella mia vita. Alcuni amici, alcuni parenti, mia mamma e mio papà. Ho nostalgia di loro, di sentirli accanto, di potermi fermare sapendo che anche loro si fermerebbe e mi aspetterebbero; sarebbero lì con una parola di conforto, di incoraggiamento ad alzare lo sguardo verso la cima ormai vicina (come quando si cammina in montagna).

Io ho superato la prova di crescere senza mio papà (perduto quando avevo 4 anni), di crescere senza ricordi di me e lui, senza un modello, un esempio, anche fosse solo per dire: non sarò mai così”. E se fino a qualche anno fa non ci pensavo spesso, adesso è diventato un chiodo fisso ed un peso difficile da portare. Non ci si abitua mai alla mancanza delle persone alle quali si vuole bene e la nostra sola consolazione sono i ricordi (per chi li ha).

Al nuovo anno chiederei un cammino meno accidentato; non tanto per me, ma per quelli che mi stanno vicino e per le persone alle quali voglio bene. Vederle faticare, soffrire, piegarsi sotto i colpi della vita e (a volte) non essere capace di esprimere anche solo di una parola di conforto mi fa sentire ancora di più il peso del mondo. Chiedo di poter fare ancora qualche passeggiata in montagna; di quelle come si deve, verso l’alto, per ritrovare quel senso di pace con il mondo (e con Dio) che solo la montagna sa darmi.

Buon 2020 a Katia e Adele e grazie per l’immenso amore che ricevo ogni giorno e che cerco di ricambiare. Possa essere davvero un felice nuovo anno e camminiamo insieme per realizzare i nostri sogni.

Un grazie ai miei affezionati 5 lettori di questo blog e a quanti hanno la bontà di seguirmi su Twitter. Possiate realizzare i vostri sogni ed essere felici.

E grazie ancora, cara amica, che sei sempre con me, per questo cammino insieme. Tu sai che non passa giorno senza un pensiero per te.