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Qualità della vita 2020: Provincia di Asti al 70° posto. Una riflessione

Monday, December 14th, 2020

Oggi è uscita la classifica (curata da Il Sole24ore) sulla qualità della vita 2020 nelle provincie italiane. Anche quest’anno registriamo delle pessime performance sia di Asti (70° posto), che di Alessandria (75° posto).

Le due province di riferimento per Moncalvo sono ancora arretrate rispetto alla prima indagine di 31 anni fa. Insomma dopo anni non siamo riusciti neanche ad arrivare, non dico nei primi 20, ma a metà classifica.

Una sconfitta senza appello che ci condanna sia come cittadini, sia come amministratori. Una incapacità di visione, di scarsa lungimiranza, di non saper lavorare in rete e attrarre talenti e ricchezza.

Impressionanti sono alcuni dati che riguardano la provincia di Asti, in particolare quelli riguardo all’innovazione:

101° posto per enti attivi con PagoPa

95° posto per fondi europei per Agenda Digitale

95° posto per la formazione continua

90° posto per SPID erogate

61° posto per POS attivi

79° posto per imprese in rete

104° posto per startup innovative

90° posto per connessioni internet 100Mbit/s

57° posto per carte identità elettroniche

Una resa su tutta la linea, una sconfitta senza appello che ci riguarda tutti.

Ma altri dati fanno veramente riflettere, come per esempio 81° posto come spesa sociale degli enti locali; nonostante sappiamo quanto la nostra popolazione sia anziana. Oppure il 94° posto per quanto riguarda numero di palestre e 80° posto per i Fondi europei per l’attrazione culturale, naturale e turistica; nonostante ci si vanti del riconoscimento Unesco e non passi giorno senza magnificare la nostra vocazione turistica da parte di tutti i nostri amministratori.

Certo, sono consapevole che per altri indicatori siamo invece molto avanti; per esempio su tutti quelli che riguardano Ricchezza e Consumi (siamo come media al 15° posto), oppure quelli Affari e Lavoro (siamo mediamente al 37° posto). Ma tutto questo non può rallegrarci. Anzi è un’ulteriore accusa, perché segno che la ricchezza della provincia, del territorio, non è investita nella società, non serve al progresso di tutti noi. Al contrario è mero accumulo e basta, senza capacità di crescita sociale e culturale. E’ una ricchezza sterile.

Come poter invertire il trend? Come risalite la china? Io non ho nessuna ricetta facile. Il cammino è lungo e saranno necessari anni. Credo che tutti, dagli amministratori locali, agli imprenditori, ai cittadini, siano chiamati al cambiamento.

Concentriamoci sull’innovazione, sulle potenzialità del nostro Monferrato. Facciamo progetti di largo respiro, senza aver paura di collaborare e lavorare in rete. Cerchiamo e valorizziamo talenti imprenditoriali nuovi e convinciamo chi ha ricchezza ad investire su di loro creando per esempio degli incubatori di Startup ed imprese.

Facciamo pressioni, lobby, per portare vera banda larga nei nostri paesi, per “costringere” le amministrazioni locali alla digitalizzazione. Creiamo scuole e corsi per imprenditori sulle opportunità della rete e sull’e-commerce.

Promuoviamo la cultura digitale e imprenditoriale nelle scuole e favoriamo la nascita di un polo di ricerca universitario sulla nostra agricoltura/zootecnia.

Sprovincializziamo la nostra cultura, per non vivere di soli ricordi del passato, ma studiamola per capire cosa può suggerirci per il futuro.

Progettare, immaginare, liberare risorse per attuare piani di sviluppo. Tutti insieme: amministratori, imprenditori, cittadini.

Innovare per se o innovare anche per gli altri?

Saturday, December 5th, 2020

Leggo su una nota pagina facebook moncalvese di un commerciante che pubblica un video dove comunica a tutti che chiuderà il negozio perché non si sente di passare al nuovo registratore di cassa telematico.

E’ vero che pubblicare video e gestire pagine facebook non significa saper usare le nuove tecnologie e le opportunità offerte. Però a me pare una contraddizione.

E la contraddizione non è tanto nel rifiutare il nuovo registratore di cassa ma gestire una pagina facebook; il paradosso è proprio nell’incapacità di spiegare, di fare cultura dell’innovazione.

E se questo è un difetto che accomuna una grande fetta della società italiana, qui da noi, in Monferrato, è ancora più evidente. E badate che non si tratta poi tanto di una cattiva volontà di imparare da parte delle persone. Manca proprio la capacità di educare alle nuove tecnologie, alle opportunità che offrono. Qui da noi mancano gli insegnanti, le persone che spiegano come e perché innovare, quelle persone che con esempi pratici ti spiegano perché pensare in digitale è pensare il futuro; è guardare avanti senza nostalgia di un passato che non sarà più (volenti o nolenti) quello di prima.

Non serve a nulla innovare solo per se stessi, per il proprio privato. Porterà all’inizio benefici di mera soddisfazione personale, che però non aiuteranno altri, non spingeranno altri a seguire quella strada.

Finché questo paese continuerà a pensare analogico in pubblico, ma digitale in privato non ci sarà mai innovazione. Saremo sempre come i mie colleghi d’ufficio: ingegneri informatici per quanto riguarda la gestione dei propri gingilli elettronici personali (smartphone, pc, netflix, social, foto, ecc), ma assolutamente degli incapaci nel momento in cui si tratta di usare queste competenze nel lavoro o nella vita pubblica.

Le pietre d’inciampo di Moncalvo

Sunday, October 11th, 2020

Ho già scritto altre volte della Comunità Ebraica Moncalvese, sia qui, sia su Twitter. Una comunità importante per la storia di Moncalvo, una risorsa preziosa, che purtroppo come altre in questo disgraziato paese, è stata sprecata. Moncalvo, paese di contemporanei, senza antenati né posteri, perché senza memoria, rischia di dimenticare. Ma alcuni, tenacemente, sono qui, tra noi, a mantenere vivo il ricordo e con esso la memoria. Se questi taceranno, grideranno le pietre è stato detto.

Questo pensavo oggi, passeggiando per la campagna moncalvese, lasciandomi guidare dai ricordi, che mi hanno portato a Villa Foa, l’abitazione dell’indimenticato Piero Norzi che è stato per anni anima e memoria dell’ultima famiglia ebraica rimasta a Moncalvo.

moncalvo da villa foa
Moncalvo vista da Villa Foa

Moncalvo vista da Villa Foa appare così, un serpentone di case amiche sul crinale della collina di fronte. E certamente dovette apparire così anche ai nonni e agli zii di Piero, certi che da quelle case non potesse arrivare il tradimento. La vigna vicino alla casa, a testimoniare il legame antico con il territorio; il viale di alberi ad ombreggiare le torride estati e rendere dolci e malinconici le giornate autunnali.

il vigneto di Villa Foa
il vigneto di Villa Foa

Troppi anni, troppi ricordi, troppe cose legavano quel paese sulla collina, all’interno del quale si ergevano ancora il ghetto e la sinagoga, alla famiglia di Piero. Impossibile che da lì arrivasse l’orrore, la morte, il tradimento.

ingresso Villa Foa
ingresso Villa Foa

Invece così è stato. Da quelle case arrivarono i nazifascisti e i nonni e gli zii di Piero vennero catturati e deportati ad Auschwitz. Non tornarono. Piero, sua sorella, i loro genitori erano riusciti a scappare prendendo un treno per Milano e poi per la Svizzera.

Anni dopo Piero con la sua famiglia ritornò a Moncalvo, unica famiglia rimasta dopo secoli di storia. Ma lui tenacemente, perseverava nel conservare la memoria, anima e motore di svariate iniziative culturali.

“Dio conservaci la memoria” è preghiera laica che tutti dovremmo recitare. Perché tutti siamo continuamente tentati dal tradimento. Perché tutti noi, chi più chi meno, ha tradito. La memoria aiuta a non tradire, a perseverare nella costanza della libertà, a rimanere sullo stretto sentiero della giustizia.

pietre d'inciampo Moncalvo
le pietre d’inciampo a Moncalvo

I figli di Piero e l’amico Diego, con il sostegno dell’Amministrazione Comunale hanno fatto in modo che Moncalvo, per prima nell’astigiano, abbia le “pietre d’inciampo” a ricordo e memoria di Clelia Vitale Foa, Adua Nunes, Alberto Colombo, Amerigo Colombo, deportati ad Auschwitz. Come in vita furono privati del loro nome e della loro storia, così in morte la loro memoria durerà in eterno scolpita sulla pietra.

Se questi (se noi) taceranno, grideranno le pietre. Questo pensavo guardando Villa Foa, il vecchio cimitero ebraico, la vecchia sinagoga, le pietre d’inciampo nel Vicolo 27 Gennaio.

Questo pensavo guardando il bel video di Icews (Alice Isnardi) con scene girate proprio all’esterno di Villa Foa; un bellissimo modo per ricordare.

Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti,
questo mucchio di specchi rotti.

P.S: Questo post è dedicato a Deborah Norzi. Glielo dovevo.

La donazione degli organi e l’anonimato

Monday, June 8th, 2020

Ricopio qui il tweet che ho scritto ieri sera a caldo dopo un servizio mandato in onda dal TG1 delle 20:00 del 07/06/2020 sulla donazione degli organi.

Questa sera al TG1 hanno fatto vedere un servizio sulla mamma di un ragazzo deceduto per un brutto incidente. Questa mamma ha acconsentito alla donazione degli organi del figlio, in particolare dei polmoni che sono stati trapiantati ad una persona colpita da Covid-19.
Ovviamente abbraccio fraterno alla mamma e ammirazione immensa per il dono che ha acconsentito venisse dato alla persona che lo ha ricevuto.


Come non abbracciare e baciare quella mamma? Come non amarla? Come non essere dalla sua parte? Così come non gioire per una vita che rinasce? Per una persona alla quale viene concessa una seconda occasione per puro amore? Io l’ho provato sulla mia pelle. Non passa giorno che non mi interroghi sul significato del dono ricevuto. Come non passa notte che i miei sogni non siano abitanti dalla “mia amica” come ormai ho preso a chiamare il mio donatore.

Non pensiate che chi riceve un organo e ritorna alla vita non si interroghi sulla sua identità che non può non riconoscere che non coincide più con la sua vecchia; avendo ricevuto una nuova “iniezione di vita” in modo gratuito e questa presenza popola la nostra vita, le nostre notti; ci guida nelle scelte, è parte di noi ormai.

Detto questo, come non trovare inappropriato il servizio? Ricordo che la legge 91/1999 che disciplina la donazione e il trapiantato d’organo garantisce l’anonimato anzi è un obbligo di legge. Tant’è che si è pronunciato su questo anche il Comitato Nazionale di Bioetica che nel parere del 27/09/2018 ha ribadito che l’anonimato deve essere garantito nella fase iniziale e successiva al trapianto e solo dopo che sia trascorso un congruo tempo, previa espressa volontà sia della famiglia del donatore sia del ricevente si può superare (eventualmente) l’anonimato. Inoltre sempre il CNB auspica che eventuali rapporti tra famiglia del donatore e il ricevente siano gestiti da enti terzi possibilmente del S.S.N.
Ecco, a mio modesto parere il servizio del TG1 è andato oltre.

Sarebbe auspicabile rispettare le indicazioni del CNB e comunque lasciare che queste scelte siano discusse nelle sedi appropriate e non forzando le cose in un modo o nell’altro.
Vogliamo parlare di donazione di organi? Invitiamo chi può parlare e testimoniare per esperienza personale: intervistiamo i trapiantati, intervistiamo le associazioni come Aido che da anni si impegnano tutti i giorni per la diffusione di una vera ed autentica cultura della donazione e del dono.
Facciamo pubblicità, informazione sul consenso informato, sulle attività di promozione della donazione e lasciamo fuori (almeno in questo campo) gli scoop o i servizi strappalacrime e consensi facili. Non servono a nulla e non cambiano la realtà intorno a noi; perché di storie come Nicholas Green non sempre ce ne sono.

Siti web e facili ironie

Monday, June 1st, 2020

E’ partita da qualche giorno, e già fa discutere, la nuova iniziativa del Comune di Moncalvo e della Pro Loco per promuovere in rete il turismo, il territorio moncalvese, le sue tradizioni e la sua cultura.

La promozione avviene tramite una pagina facebook collegata alla Pro Loco e il sito di riferimento non è quello di Moncalvomonferrato, come ironicamente fa notare il giornale IlMonferrato, bensì questo sito VisitMoncalvo, nonostante il link sul sito del Comune rimandi ancora al vecchio portale.

Ora, lungi da me difendere la scellerata cultura della rete delle amministrazioni moncalvesi e in generale del panorama monferrino; ma fare dell’ironia spicciola sulla rete, senza avere la più pallida idea di cosa significa dominio internet, scadenze dello stesso, senza aver seguito tutta la storia di quel portale, verificare veramente da quale pagina web parte la campagna; insomma senza informarsi, a me non piace e come moncalvese lo trovo offensivo.

Chi segue questo povero blog sa che non sono mai stato tenero con la “cultura digitale” in voga nel nostro territorio e se qualcuno si fosse preso la briga di seguire la storia dall’inizio, avrebbe scoperto che già nel lontano ottobre 2015 il sottoscritto aveva previsto la misera fine di quel portale; che infatti ha vissuto per accanimento terapeutico qualche anno e poi è stato abbandonato al suo destino. A quel punto il dominio non è stato più rinnovato ed è appunto stato registrato da altri. Mai sentito parlare di registrazione di domini per poi rivenderli?

Gli stessi giornalisti che oggi fanno facili ironie, nel 2015 esaltavano le magnifiche sorti e progressive del portale in questione insieme ai promotori, perché a detta loro, lo stesso avrebbe rappresentato il biglietto da visita di Moncalvo nel mondo e tutti i moncalvesi, in primis gli operatori economici ne avrebbero giovato. Come è andata a finire è sotto gli occhi di tutti e forse sarebbe stato meglio farsi già allora delle domande; ma sarebbe servita allora (come oggi eh!) cultura della rete, conoscenze, studio.

Certo è più facile fare articoletti di colore (e senza conosce a fondo la rete), che invece cercare di raccontare chi, con fatica, cerca di fare innovazione sul serio. E’ più facile fare ironia sul bagnet fatto con il frullatore che provare a farsi domande sull’effettiva utilità di fare campagne estemporanee di promozione così, ad minchiam (direbbe la buon’anima di Franco Scoglio).

Insomma una guerra tra poveri nella quale chi perde è il territorio, i suoi giovani e il futuro.

La cosa divertente (o se volete la conferma del mio pessimismo sulla mancanza di cultura digitale) è che ho scoperto, con sconcerto, che la pagina facebook del IlMonferrato non è pubblica; è accessibile solo previa registrazione a FB.

Ciò a cui ti opponi diventi.

L’attenzione

Sunday, May 24th, 2020

In un bellissimo libro che consiglio: “la variante di Luneburg” c’è una parte dedicata all’attenzione. Il protagonista sbaglia una mossa di scacchi e perde la partita. Il suo maestro gli fa trovare, il giorno dopo, un articolo di cronaca dove c’è raccontato un incidente con vittime. L’articolo è accompagnato da poche righe dove ci si domanda se quello che è accaduto non fosse dipeso anche dalla scarsa attenzione della mossa.

Simone Weil ha scritto cose bellissime sull’attenzione definendola la forma più rara e pura di generosità e come non ricordare in film blu di Kieslowski la frase rivolta alla protagonista: “bisogna sempre guardarsi intorno”.

Chi può dire con certezza che le proprie parole o azioni non hanno nessuna influenza? Il fatto stesso di essere qui su internet è perché pensiamo (la maggioranza di noi) che perlomeno i nostri pensieri qualcosa valgono e ci piacerebbe condividerli con gli altri. Una sorta di attenzione agli altri nel cercare di donare un qualcosa di noi. Ma c’è anche un’attivazione verso se stessi, lo sforzo di pensare bene, di scrivere bene, non dimenticando che le nostre parole sono pesanti.

L’attenzione ci permette di raccogliere i frutti più profondi della propria umanità, sospendendo il nostro pensiero per lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile dall’oggetto.

Moncalvo e la rete sempre un passo indietro

Friday, May 1st, 2020

Leggo che l’amico Manuel è promotore di questa iniziativa. Un gesto generoso, come è nel suo carattere. Lui ci crede nella rete, nelle potenzialità immense che internet ha; nella capacità di inventarsi e reinventarsi nell’era digitale. Ci divide forse questo: Manuel crede che per Moncalvo e in generale per il Monferrato serve un apripista, uno che lanci l’idea, prepara lo strumento e gli altri seguiranno, useranno lo strumento e saremo tutti felici. Io non sono d’accordo e provo a spiegarlo meglio.

Per chi frequenta questo blog o mi conosce, sa quanto io creda nelle potenzialità della rete; nel valore della cultura digitale; nella necessità di comprendere e guidare (e non subire) l’enorme cambiamento che questa rivoluzione sta portando nelle nostre vite. E proprio perchè credo che questa cultura digitale non si acquisisce semplicemente conoscendo i social o facendo acquisti online, non penso che l’iniziativa di Manuel cambi la situazione “digitale” di Moncalvo. I moncalvesi non conoscono internet; la frequentano, permettetemi un paradosso, per sentito dire, per passaparola. Gli stessi social, praticamente il 99,99% ha solo facebook come non esistesse altro, sono frequentati per gioco, senza nessun contributo originale o, quelle rare volte che c’è, è solo di riporto.

Se pensiamo che la pagina internet più frequentata di Moncalvo è probabilmente quella del gruppo facebook “Sei di Moncalvo se“, ci si rende conto della pochezza della cultura digitale che abbiamo. Non voglio assolutamente sminuire il lavoro (e lo sforzo) dell’amico Denis, ma se all’inizio avevo accolto con favore “Sei di Moncalvo se”; adesso ne scorgo i limiti e l’incapacità (o la non volontà) di pensare altro che non sia chiacchiericcio.

Io non credo che i commercianti, le aziende moncalvesi, non colgano le opportunità offerte dalle nuove tecnologie perchè non hanno lo strumento (il marketplace di Manuel); molto più semplicemente non lo conoscono, lo ignorano, pensano che non serva. E’ questione di cultura digitale e non di strumenti.

Ed è anche questione di costanza, nelle grandi e nelle piccole cose. Vi ricordate le magnifiche sorti progressiste di Moncalvo WebTV, il portale moncalvomonferrato, la pagina FB di Moncalvo e via di seguito? Il cimitero dell’internet moncalvese è affollato anche per mancanza di costanza.

Certo che serve il progetto, ma serve costanza, impegno, capacità di produrre contenuti e di innovare. Come ben sanno, a pochi chilometri da Moncalvo, gli amici di Vini Olivetta che hanno colto l’opportunità della
presenza online dell’azienda. O l’amico Carlo Farotto, moncalvese docg e quindi emigrato perchè nemo propheta in patria, con la sua startup Sanvittore.

E siccome credo di avere un poco di cultura digitale (e di costanza) non mi permetto di fare dell’ironia con un post su FB (e solo perchè siccome sono su FB sono digitale e tu no) perchè un commerciante moncalvese scrive “tele” invece che “cellulare”. Forse andrebbe aiutato, questo commerciante, a comprendere meglio l’innovazione digitale con la quale dobbiamo, volenti o nolenti, convivere.

E non parlo dello smart working, il problema della fibra ottica e della NGN, la presenza online delle più importanti manifestazioni moncalvesi, le associazioni e potrei continuare.

Sono pessimista? Si lo sono. Ma questo non mi impedisce di pensare e credere che ci si debba impegnare per un progetto serio di alfabetizzazione digitale. Qui, ora, adesso.
Perchè questa è una delle tante lezioni di questo periodo Covid-19 e cito una frase che mi ha colpito molto: La strada da percorrere è una sola: se utilizzeremo l’intelligenza artificiale solo per vendere qualche unità di prodotto in più, non solo avremo sprecato la straordinaria opportunità di capire di più il mondo, ma avremo commesso l’errore di adattare il nostro mondo all’ambiente operativo di una macchina, e non viceversa.
E il costo da pagare per scelte non fatte o fatte male con superficialità sarà altissimo.

Riflessione fine anno 2019

Tuesday, December 31st, 2019

E’ finito un altro anno. Molti di noi in questi giorni fanno un bilancio dell’anno trascorso e alcune volte è positivo, altre negativo. Io non ho mai amato fare bilanci a fine anno; per me la vita non è una “partita-doppia”; un dare-avere. Per me la vita è un cammino, una strada da percorrere. A volte in salita, a volte in discesa; ma sempre in compagnia di qualcuno, perché è questo l’importante: camminare insieme. Con qualche persona cammineremo per molto, con altri di meno. Con ognuna di loro condividerò un pezzo della mia vita, delle mie esperienze, delle mie emozioni; e nella condivisione non c’è un dare-avere perché ognuno prende e dona contemporaneamente.

Certo a volte ci si ferma per prender fiato perché stiamo faticando, per aspettare qualcuno rimasto indietro, per rialzare chi è caduto. E’ la nostra vera natura di uomini. Ci realizziamo pienamente solo insieme agli altri, nel rapporto con gli altri. Nessun uomo è un’isola, intero in sé stesso; e questa verità non dovremmo mai dimenticarla.

Ma se la vita è un cammino, io come sto camminando? E con chi? E verso dove? Sono domande che periodicamente mi ritornano e alle quali cerco (barcamenandomi molto) di dare risposte. Durante il percorso di quest’anno ho raggiunto certamente alcuni traguardi che mi hanno riempito di gioia; altresì mi sono reso conto sempre di più di quanto manchino alcune persone nella mia vita. Alcuni amici, alcuni parenti, mia mamma e mio papà. Ho nostalgia di loro, di sentirli accanto, di potermi fermare sapendo che anche loro si fermerebbe e mi aspetterebbero; sarebbero lì con una parola di conforto, di incoraggiamento ad alzare lo sguardo verso la cima ormai vicina (come quando si cammina in montagna).

Io ho superato la prova di crescere senza mio papà (perduto quando avevo 4 anni), di crescere senza ricordi di me e lui, senza un modello, un esempio, anche fosse solo per dire: non sarò mai così”. E se fino a qualche anno fa non ci pensavo spesso, adesso è diventato un chiodo fisso ed un peso difficile da portare. Non ci si abitua mai alla mancanza delle persone alle quali si vuole bene e la nostra sola consolazione sono i ricordi (per chi li ha).

Al nuovo anno chiederei un cammino meno accidentato; non tanto per me, ma per quelli che mi stanno vicino e per le persone alle quali voglio bene. Vederle faticare, soffrire, piegarsi sotto i colpi della vita e (a volte) non essere capace di esprimere anche solo di una parola di conforto mi fa sentire ancora di più il peso del mondo. Chiedo di poter fare ancora qualche passeggiata in montagna; di quelle come si deve, verso l’alto, per ritrovare quel senso di pace con il mondo (e con Dio) che solo la montagna sa darmi.

Buon 2020 a Katia e Adele e grazie per l’immenso amore che ricevo ogni giorno e che cerco di ricambiare. Possa essere davvero un felice nuovo anno e camminiamo insieme per realizzare i nostri sogni.

Un grazie ai miei affezionati 5 lettori di questo blog e a quanti hanno la bontà di seguirmi su Twitter. Possiate realizzare i vostri sogni ed essere felici.

E grazie ancora, cara amica, che sei sempre con me, per questo cammino insieme. Tu sai che non passa giorno senza un pensiero per te.

Qualche info sulla donazione e sui trapianti

Thursday, November 28th, 2019

Ci ho pensato molto in questi giorni, causa anche un poco felice tweet che ha scatenato polemiche.

Avviso i miei 5 lettori che il post è un poco lungo

Premessa doverosa: il sottoscritto non parla per sentito dire, ho fatto 12 anni fa un trapianto di rene e, insomma, qualcosa ne sa; tuttavia al fondo di questo post ci sono alcuni link di siti che si occupano tutti i giorni di trapianti e di donazione di organi e sui quali è possibile reperire tutte le info necessarie.

Il trapianto d’organo è spesso l’unica terapia efficace (e salvavita) per alcune gravi patologie. Tutti ricordiamo Christiaan Barnard e il primo trapianto di cuore del 1967, e la storia della medicina del 900 è spesso anche la storia della ricerca e dei metodi per rendere efficaci i trapianti e ridurre al minimo i casi di rigetto; cioè la reazione del sistema immunitario del ricevente che individua nel nuovo organo un corpo estraneo e cerca di distruggerlo.

La donazione di organi in Italia è disciplinata dalla legge 91/99, a detta di molti un’ottima legge, anche se non completamente applicata per la parte riguardante il silenzio assenso. Comunque se l’Italia in molti campi è in ritardo rispetto ad altri paesi europei, questo non è il caso dei trapianti. Qui davvero siamo un modello europeo (per non dire mondiale) e i vari centri trapianti italiani sono spesso punti di riferimento europei.

La legge 91/99 indica chiaramente quali organi e tessuti si possono donare dopo la morte, e disciplina chiaramente anche i casi di trapianti da vivente (rene o parte del fegato) e che possono avvenire solo in condizioni particolari. Gli organi che è possibile trapiantare sono: cuore, fegato, rene, pancreas, polmone, intestino. Per quanto riguarda i tessuti: le cornee, la cute, testa del femore, tendini, cartilagini, valvole cardiache, vasi, arterie.

Per poter prelevare gli organi da una persona si deve accertarne clinicamente la morte seguendo una precisa procedura clinica, e solo dopo questo passaggio, e solo se la persona ha chiaramente espresso la sua volontà alla donazione si può procedere al prelievo degli organi/tessuti e procedere poi nell’arco di pochissime ore ai trapianti.

La legge 91/99 ha istituito il CNT e il SIT, cioè il centro nazionale trapianti e il sistema informativo trapianti. Il CNT è l’organismo tecnico-scientifico preposto al coordinamento della Rete Nazionale Trapianti, ha funzioni di indirizzo, coordinamento, regolazione, formazione e vigilanza della rete trapiantologica, nonché funzioni operative di allocazione degli organi per i programmi di trapianto nazionali e, in particolare, il programma urgenze, il programma pediatrico, il programma iperimmuni, il programma split- fegato, il programma cross-over per il rene, gli scambi di organi con Paesi esteri.

Il SIT è una infrastruttura informatica per la gestione dei dati collegati all’attività della Rete Nazionale Trapianti. Attraverso il SIT è possibile garantire la trasparenza e la tracciabilità dei processi di donazione, prelievo e trapianto.

Oltre alla raccolta e al controllo delle liste dei pazienti in attesa di ricevere un trapianto, tra le principali funzioni del SIT ci sono:

la registrazione

  • delle dichiarazioni di volontà sulla donazione di organi e tessuti dopo la morte
  • del flusso dei dati sull’attività di donazione, prelievo, trapianto e post trapianto di organi
  • del flusso dei dati sull’attività di donazione dei tessuti attraverso l’assegnazione della Sequenza Identificativa della Donazione (SID)
  • dei follow-up di tutti i pazienti che hanno ricevuto un trapianto di organo
  • dei decessi con lesione cerebrale

la gestione

  • del registro dei donatori viventi di organi
  • del sistema di segnalazione degli eventi e delle reazioni avverse gravi riguardanti organi e tessuti
  • dei programmi nazionali di trapianto quali il programma iperimmuni, il programma pediatrico e quello delle urgenze

Sul sito del SIT sono disponibili i report sull’attività di donazione e trapianto della Rete Nazionale Trapianti, le analisi sulla valutazione degli esiti dei trapianti e le statistiche aggiornate sulle dichiarazioni di volontà in materia di donazione di organi e tessuti registrate presso le ASL, i Comuni e l’AIDO.

Come detto sopra, si è potenziali donatori solo dopo aver chiaramente espresso la propria volontà in tal senso, non vale cioè il silenzio assenso (previsto dalla legge 91/99). Come si diventa potenziali donatori? Presso le ASL, con il testamento biologico, iscrivendosi all’AIDO, qualcuno di noi ha ricevuto a suo tempo dal Ministero della Sanità la famosa Donacard (un tesserino blu dove si doveva barrare la volontà o meno alla donazione e da conservare con i propri documenti); recentemente anche rinnovando la carta d’identità è possibile esprimere la propria volontà alla donazione. In qualsiasi modo ci si esprima, si entra nel SIT, cioè nell’elenco nazionale dei potenziali donatori ed in caso di morte si potranno donare organi/tessuti.

Questo (molto sinteticamente) per i potenziali donatori. E i pazienti riceventi? Anzitutto deve essere chiaro che per poter accedere alla lista trapianto una persona deve soffrire di determinate patologie per le quali, l’unica terapia definitiva (e spesso salvavita) per la guarigione è il trapianto. Una volta diagnosticata la patologia, il paziente è sottoposto ad una serie di esami clinici volti a quella che si chiama tipizzazione del ricevente ovvero, in caso di disponibilità dell’organo da trapiantare, poter confrontare quest’organo e trovare il paziente più compatibile, ovvero quello che presenta maggiori possibilità che l’intervento di trapianto riesca. Tipizzato il paziente e verificato tutto, il centro regionale trapianti aggiunge la persona alla lista d’attesa per il trapianto. Le liste d’attesa sono a livello regionale, ovvero un paziente residente in Piemonte si potrà iscrivere solo per la lista d’attesa del Piemonte. I pazienti pediatrici e i pazienti in grave pericolo di vita sono invece iscritti nell’apposita lista nazionale. Deve altresì essere chiaro che per poter entrare in lista trapianto (e rimanerci) il paziente deve necessariamente seguire la terapia clinica di mantenimento (ovvero quella che gli permette di essere vivo o perlomeno di sopravvivere). Nessun dubbio quindi che delle 8688 (dati al 29/11/2019) attuali persone in attesa di un trapianto, tutte lo hanno bisogno e tutte sono “uguali”. L’assegnazione dell’organo al ricevente è fatta con rigorosi criteri scientifici/medici senza distinzioni tra chi è in lista.

Va altresì detto che la legge 91/99 “protegge” sia il donatore (e i suoi familiari) che il ricevente. Chi è trapiantato, del proprio donatore non sa assolutamente nulla, a parte una decina di parametri clinici che indicano il grado di compatibilità. Idem per i familiari del donatore. La donazione è un gesto assolutamente disinteressato, gratuito, di amore nei confronti dell’umanità e nei confronti di altre persone che rimarranno sconosciute. In questo modo è garantita sia la riservatezza del dolore dei familiari, sia eventuali sensi di colpa del ricevente che potrebbero instaurare un rapporto “malsano” con i familiari del donatore. Nessun trapiantato però scorderà mai che deve letteralmente la vita ad una persona sconosciuta che con un grande gesto d’amore ha permesso che la vita rifiorisse. Io la “mia amica” (so che è una donna) la penso e la ricordo tutti i giorni. E’ sempre con me.

Spero di aver in parte chiarito (per quel poco che ho scritto) cosa significa trapianto, donazione. Cosa significa sperare di ricevere la telefonata del centro trapianti che ti chiede di prepararti che c’è la possibilità del trapianto. Cosa significa vivere sapendo che lo si deve ad una persona sconosciuta, ad un gesto infinito d’amore; alla scommessa sull’umanità, sulla parte migliore dell’uomo.

Vi lascio alcuni link

https://www.aido.it/

http://www.trapianti.salute.gov.it/trapianti/homeCnt.jsp

http://www.trapiantipiemonte.it/index.html

Pensieri disordinati

Saturday, August 24th, 2019

Raccolgo in questo post una serie di pensieri sparsi che mi sono venuti in mente in questi giorni.
Pensieri disordinati e all’apparenza slegati tra loro, anche se a tratti mi pare di intravedere un filo rosso che li lega tra loro: quello della nostra mancanza di cultura. Cultura intesa come capacità di non sparare la prima
cosa che ci viene in mente, di non seguire l’istinto, ma di fermarsi a riflettere, studiare il problema, la realtà, i dati, informarsi meglio e poi, solo poi provare ad esprimere un’opinione; possibilemte argomentata. Una severa autocritica anzitutto su noi stessi prima che verso gli altri. Un tagliare senza pietà (come diceva Simone Weil) dalla nostra mente
tutti i pensieri che non sono veri, cioè effettivamente pensati, analizzati.

Pensate alla situazione italiana: una politica fatta solo di slogan, di affermazioni apodittiche senza riscontro, tutta sui social; alimentata da fazioni contrapposte che si sfidano con campagne di marketing e hashtag, e dove persino i giornalisti stessi si adeguano. Un clima di generale imbarbarimento, dove siamo sempre pronti a rivendicare i nostri diritti, ad urlarli anzi, ma dove altrettanto spesso ci dimentichiamo dei nostri doveri verso noi stessi e i nostri fratelli. Uno sfuggire le responsabilità
perché è sempre colpa degli altri, sono gli altri l’inferno (come diceva Sartre).

Un abbandono, direi quasi una repulsione, per l’idea di comunità, di stare insieme nella diversità che ci accresce e migliora.
Ma anzi, un ritorno al clan tribale, all’appartenenza di soli simili, di gregge, guidati da leader carismatici e investiti di una missione direi messianica; che solo lui sa e comprende e che il gregge deve limitarsi ad obbedire.

Una cultura digitale tra le più scarse dei paesi occidentali; con un utilizzo di internet limitato, i social usati come bar, o per diffondere fake new, insulti, rabbia. L’incapacità di portare la fibra (la rete di nuova generazione) nelle zone rurali del paese, quelle che ne avrebbero davvero bisogno per lo sviluppo e per evitare lo spopolamento delle montagne e delle campagne.
L’incapacità di vedere internet, la rete, come una risorsa e non come un pericolo, un mezzo per sviluppare nuova economia, nuova cultura.

Giovani e cultura giovane mai considerata e ininfluente sulla scena nazionale. Sempre ai margini di tutto e mai veramente protagonisti. Non siamo mai stato un paese per giovani, ma adesso è drammatica la situazione. Emigrano a migliaia, non tornano più. Non sono solo cervelli in fuga, è il nostro futuro che scappa da noi. Se non decideremo in fretta a cambiare le cose, l’Italia sarà un bellissimo paese di anziani.

Anche qui a Moncalvo, nel nostro piccolo, non facciamo eccezioni. Forse tutti gli aspetti qui sopra non sono facilmente individuabili, ma tuttavia sono presenti e non vedo tentativi di combattere la situazione. Non siamo un’isola felice, e probabilmente non lo siamo mai stati.