Massimo Mantellini mette giustamente in ridicolo quanto il premier Letta sta facendo per la ormai famosa Agenda Digitale. Quello che però meraviglia è che persone certamente preparate e che sanno come funziona la rete, si prestino a queste operazione di consulenza e coinvolgimento, il cui unico scopo è prendere tempo in attesa che altri tolgano le castagne dal fuoco. La banda è già larga ma il tavolo inizia a diventare stretto.
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50 anni di Vajont
50 anni fa la tragedia del Vajont. In questi giorni di lutto per i poveri migranti morti a Lampedusa, non posso non pensare che questa nostra amata e disgraziata Italia ha vissuto nella sua storia momenti di lutto come pochi altri paesi al mondo. E temo che non sia finita, perchè non impariamo mai dal nostro passato.
Tra Telecom e Telefonica
Penso tutto il male possibile, come molti altri del resto, sul probabile controllo di Telefonica su Telecom. E che tutto questo sia accaduto è, se ce ne fosse ancora bisogno, la prova della totale incapacità della nostra classe dirigente (politica in primis) nell’affrontare la realtà di internet, della rete e le sfide della società dell’informazione.
L’altro giorno in ufficio una collega ha fatto questa affermazione: “Il futuro dell’Italia è l’agricoltura”, ed era convinta di quello che diceva. Lei pensa davvero che ci salveremo con il ritorno alla terra. Io, pur convinto della necessità dell’agricoltura e dei nostri primati nel campo, spero ancora che ciò non accada. Non perché sia un tecnofilo cieco, non sono un fanatico del progresso ad ogni costo, ma perché semplicemente penso che internet, la rete, non è solo quella che in questo momento sto usando, è molto di più. E’ anche un nuovo modo di affrontare i problemi e le complessità del mondo, anche dell’agricoltura.
Come molti altri, ritengo la rete una risorsa strategica per lo sviluppo del paese e il lasciare che questa sia controllata da “stranieri” non credo sia un bene per noi e per i nostri figli.
Quintarelli nei suoi post chiarisce bene queste cose. E il fatto che lui, una delle persone che ha “creato internet in Italia”, sia solo spettatore e non attore di quello che succede, la dice lunga sulla capacità di valorizzare il talento di noi italiani.
Internet in Europa e in Italia
La situazione di Internet in Europa non sembra rosea a leggere il post di Quintarelli che commenta la proposta del commissario Kroes sulla prioritizzazione della rete che viene spacciata per net neutrality.
Per la Internet italiana invece, se possibile, è ancora peggio a vedere i dati statistici (con tutti i limiti) di Audioweb analizzati da Roberto Venturini.
L’Italia sempre più in ritardo, senza cultura digitale, e tutti le nostre analisi sui cosidetti “nativi digitali” sembrano fuori luogo, se come sostiene (numeri alla mano) Venturini circa il 48% di chi utilizza internet è nella fascia tra 35-54 anni.
Forse davvero solo una massiccia campagna di alfabetizzazione informatica che parta però dal territorio può in qualche modo permetterci un recupero. Noi a Moncalvo vogliamo provarci e ci stiamo lavorando.
Un buon suggerimento
Un buon suggerimento di Mantellini al presidente di AGCOM. Non crediamo di essere gli unici a porci problemi su internet, il copyright, le nuove tecnologie e la società digitale. Non siamo i più avanzati in questo campo, siamo anzi molto indietro rispetto agli altri paesi e perciò come suggerisce giustamente Mante non inventiamoci leggi o regolamenti che altrove non ci sono. Accettiamo i suggerimenti dell’Europa e teniamo un basso profilo. Non è la rete che si deve adeguare ad una legislazione pensata nel secolo scorso, ma il contrario. E per fare questo serve tempo, cultura, esperienza e conoscenza.
Incontrarsi senza condannarsi
L’iniziativa del IlPost (promossa da direttore Luca Sofri) di mettere a confronto il magistrato Dambruoso, promotore di una proposta di legge contro la diffamazione che riguarda molto da vicino internet, e il noto blogger Mantellini rientra nella categoria delle iniziative di buona volontà tipiche degli accordi di pace tra contendenti ambedue convinti che l’altro sia quanto di peggio possa esistere.
Da un po di tempo a questa parte la politica (lo stato) sforna iniziative, proposte, idee, su internet e le nuove tecnologie che molto spesso e con ragione sono viste, da chi la rete la conosce e frequenta, come tentativi di imbavagliarla, controllarla, limitarla. Se da una parte questo viene visto come la conferma che la politica (e l’amministrazione) è incompetente su internet, ferma a categorie mentali ormai completamente superate e non adattabili al nuovo rappresentato dalla rete, dall’altra parte questo atteggiamento viene percepito come una prova di come invece sia necessario intervenire e legiferare per rendere la rete meno far west o jungla.
Esiste però una terza categoria di persone, e Luca Sofri è tra questi, che non si arrendono a questa separazione e provano a gettare ponti, occasioni di incontri tra i due pensieri; perchè spiegarsi a vicenda aiuta a comprendere le ragioni dell’altro e a valutare correttamente le proprie.
Qualcuno una volta ha detto che “occhio per occhio rende il mondo cieco”, la contrapposizione tra chi vede internet come un’opportunità e chi come un pericolo non aiuta lo sviluppo della rete stessa e non aiuta l’Italia ad uscire dalla crisi (economica,sociale,politica,civile) nella quale è.
Sarebbe ora che noi abitanti consapevoli della rete abbandonassimo quell’idea che tanto stuzzica il nostro ego, di essere “migliori” degli altri. Mettiamoci in prima persona noi a divulgare, a promuovere, quella cultura digitale in cui crediamo.
Ma la PA non doveva usare software open source anche nei test invalsi?
L’amico Piero ha scritto una mail all’INVALSI riguardo al famoso test. I file che i professori ricevono per la prova sono testati solo per excel e non con Libre Office, costrigendo i docenti ad acquistare (nella migliore delle ipotesi) software proprietari per essere sicuri di compilare/correggere il test correttamente.
La cosa divertente è che con il famoso Decreto Sviluppo 2012, quello delle misure urgenti per l’Agenda Digitale e la trasparenza, le P.A. dovrebbero dotarsi, in primis, di strumenti open source e solo quando non è possibile farne a meno, ricorrere a software proprietari.
Questo per dire quanto quelle stesse persone che predicano la cultura digitale in concreto poi facciano esattamente il contrario di quanto dicono.
Bene a fatto Piero a protestare e tanti altri docenti dovrebbero farlo.
Un decreto da ri-fare
Il famoso Decreto del “Fare” sulle norme che regolano il wifi sembra che sia da ri-fare come scrive Quintarelli.
Il mito del wi-fi pubblico a Moncalvo
Gran bel post di Mantellini sul mito del wi-fi pubblico. Un mito, un feticcio, quello del wi-fi pubblico che anche a Moncalvo ha fatto vittime, se, come pare, a breve dovrebbe entrare in funzione un punto di accesso wi-fi in piazza, su progetto dell’attuale amministrazione comunale.
Sponsorizzare il wi-fi, e solo quello, perchè per il resto vedo solo indifferenza da parte dell’attuale amministrazione comunale di Moncalvo verso internet, è solo un cercare di farsi passare per progressisti al passo con i tempi, per “giovani”, mentre non è altro che l’altra faccia della medaglia di quelli che hanno sempre osteggiato la rete e sacrificato le grandi opportunità offerte per mantenere lo status quo.
Non si cambia Moncalvo (l’Italia), il suo rapporto con la rete e le nuove tecnologie, fornendo (solo) qualche hotspot. E mi sembra di averlo scritto bene qui.