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La carta di Firenze

Tuesday, November 9th, 2010

Ecco il documento conclusivo uscito dalla 3 giorni di Firenze organizzato da Renzi e Civati. A memoria non mi ricordo un documento politico che citi così tante volte bellezza, sogni, coraggio. Un documento pieno di speranza. Speriamo solo che non rimanga solo sulla carta.

Noi.
Noi che abbiamo imparato a conoscere la politica con tangentopoli e il debito pubblico e che oggi troviamo la classe dirigente del Paese occupata a discutere di bunga bunga e società offshore.
Noi che nonostante quello che abbiamo visto, fin da bambini, crediamo nel bene comune, nella cosa pubblica, nell’impegno civile.

Noi che ci siamo riuniti a Firenze per ritrovare le parole della speranza. Noi che abbiamo voglia di incrociare i nostri sogni e non solo i nostri mouse. Noi che crediamo che questo tempo sia un tempo prezioso, bellissimo, difficile, inquietante, ma sia soprattutto il nostro tempo, l’unica occasione per provare a cambiare la realtà. Noi.

Noi vogliamo gridare all’Italia di questi giorni meschini, alla politica di questi cuori tristi, al degrado di una solitudine autoreferenziale, che si può credere in un’Italia più bella.

Sì, noi crediamo nella bellezza, che forse non salverà il mondo, ma può dare un senso al nostro impegno. La bellezza dei nostri paesaggi, delle nostre opere d’arte, delle nostre ricchezze culturali, certo. Ma soprattutto la bellezza delle relazioni personali, la bellezza di andare incontro all’altro privilegiando la curiosità sulla paura, la bellezza di uno stile di vita onesto e trasparente.

Da Firenze, patria di bellezza, ci mettiamo in gioco.
Senza pretendere posti, senza rivendicare spazi, senza invocare protezioni. Senza chiedere ad altri ciò che dobbiamo prenderci da soli.
Ci mettiamo in gioco perché pensiamo giusto che l’Italia recuperi il proprio ruolo nel mondo.
Ci mettiamo in gioco perché non vogliamo sprecare il nostro tempo.
Ci mettiamo in gioco perché abbiamo sogni concreti da condividere.

Ci accomuna il bisogno di cambiare questo Paese, un Paese con metà Parlamento, a metà prezzo, un Paese dalla parte dei promettenti e non dei conoscenti. Che permetta le unioni civili, come nei Paesi civili; che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto; che dica no al consumo di suolo, e sì al diritto di suolo e di cittadinanza. Un Paese in cui si possa scaricare tutto, scaricare tutti; che renda il lavoro meno incerto, e il sussidio più certo.  Che passi dall’immobile al mobile, contro le rendite, e che riduca il debito pubblico, la nostra pesante eredità.

Vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico e con la serietà di chi è capace anche di sorridere, non solo di lamentarsi.

Da Firenze, laboratorio di curiosità, vogliamo provare a declinare il coraggio contro la paura, condividendo un percorso di parole e di emozioni, di progetti e di sentimenti perché la prossima fermata sia davvero l’Italia. Un’Italia che oggi riparte dalla Stazione Leopolda, la Prossima Italia.

Prossima fermata: Italia

Monday, November 8th, 2010

Io ho seguito l’evento solo sul web dopo averne parlato in questo post e devo dire che sono entusiasta. Era da parecchio tempo che non mi capitava di rimanere affascinato dalla politica. Forse qualcosa finalmente sta cambiando anche all’interno del PD.

Qui l’intervento conclusivo di Pippo Civati

Matteo Renzi prepara la rivoluzione

Friday, October 29th, 2010

Un combattivo Matteo Renzi convoca a Firenze dal 5 al 7 novembre quanti vogliono un PD finalmente nuovo, propositivo, in sintonia con i nuovi tempi. E tanto per far capire da dove intende partire ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:

“Quello che poniamo da subito è un problema di metodo: nel mondo civile i partiti rimangono sempre gli stessi, ma i leaders cambiano. Se perdono le elezioni i dirigenti politici si fanno una fondazione, scrivono un libro, danno suggerimenti, ma vanno a casa. Qualcuno di loro è talmente bravo che dopo dieci anni di governo va a casa direttamente senza bisogno di perdere le elezioni. I partiti restano, i leaders cambiano, i problemi si affrontano. Da noi è tutto alla rovescia: i dirigenti politici si fanno le fondazioni, scrivono libri, danno consigli ma rimangono lì, sempre, tenacemente abbarbicati allo strapuntino della seggiola. Non si schiodano, guai a chi li tocca. Si cambiano i partiti, si cambia il nome dei partiti, ma i leaders sono gli stessi, con le solite facce, le solite idee, il solito linguaggio. Con un gruppo di amici abbiamo pensato di non nasconderci. Di non restare in silenzio, quatti quatti ad aspettare che il grande orologio biologico della cooptazione faccia scattare il nostro turno. Ci siamo buttati nella mischia con la lealtà di chi non ha niente da chiedere per sé, se non il rispetto per le proprie idee. Ci hanno detto che siamo sfasciacarrozze e pierini, giovanotti e maleducati: noi abbiamo solo chiesto il rispetto di quella norma maleducata dello Statuto del Pd che dice che dopo tre mandati si va a casa. Vorrà dire che lo chiederemo per piacere “Scusi, cortesemente, potrebbe rispettare le regole e lasciare quello scranno dopo qualche decennio?”

Io spero sinceramente che da questa iniziativa possa finalmente arrivare la spinta giusta per un nuovo PD. 

Questa iniziativa forse offrirà anche ai giovani di Moncalvo, dove il PD è rappresentato praticamente da una sola persona ormai da parecchi anni,  lo spunto per mettersi in gioco e provare loro stessi ad organizzare un’alternativa allo status quo.

Caro Walter ora (ma) anche basta

Friday, August 27th, 2010

Dopo la famosa lettera di Veltroni pubblicata dal Corriere, con la quale il nostro ci dice quello che servirebbe al nostro paese e quello che lui farebbe, mi sono preso una bella boccata di aria fresca leggendo la risposta di Ivan Scalfarotto.

Io sono uno di quei milioni di italiani che ha votato Veltroni alle primarie e alle successive politiche, proprio perché lo ritenevo portatore di innovazione, di una idea di partito finalmente moderna e al passo con il resto delle altre democrazie occidentali. Un politico con un progetto di lungo respiro e fatto di una stoffa diversa rispetto agli altri leader del PD.

Però ha perso. E’ vero che il PD è un partito con una dirigenza divisa in guerra fra bande, con ciascuno impegnato a tirare l’acqua per il proprio seguito e il Walter è stato il primo a lascirci le piume, però ha ragione Scalfarotto quando dice che la sua occasione l’ha avuta. Nessun leader di altri stati dopo una sconfitta e il ritiro dall’attività politica pretende di dettare al paese la propria ricetta facendo sapere a tutti quello che lui farebbe. Dopo che Al Gore è stato sconfitto da Bush nella corsa alla Casa Bianca, non ha più rotto le scatole agli americani per dire cosa avrebbe fatto nè le ha rotte al Partito Democratico. Si è ritirato. Ha fatto altro. Idem altri leader occidentali vedi Gordon Brown.

E questa è la seconda ragione per la quale Veltroni non mi convince più. Ha parole da innovatore, un nuovo modo più moderno di fare politica, però nei fatti, sei sempre lì, non te ne vuoi andare, hai avuto la tua occasione, il tuo tempo. Sei stato sconfitto e tu stesso hai rinunciato a proseguire. Basta. Le luci della ribalta si sono spente. Dedicati ad altro come hai più volte annunciato. Invece continuando a intervenire si comporta ne più ne meno come tutti i politici per i quali una sconfitta non è mai definitiva e un posto lo si trova sempre per sistemarsi.

Siamo un paese il cui presidente della repubblica ha più di 80 anni, il presidente del consiglio più di 70, se va bene il prossimo candidato del PD al governo ne avrà 60 e nota bene tutta gente che è in politica da almeno 20 anni. Tutto questo avrà un peso nel declino dell’Italia o no?!?

Grazie per la lettera Walter, però ora fuori dalle ……