Un paese bloccato

Questa sera tra una risata e l’altra con Adele guardavo Ballarò su Raitre. Mi ha colpito un dato che lì per lì ho preso solo per un dato economico, ma poi riflettendoci sopra mi sono reso conto che ha anche una grossa valenza sociale. Il dato è questo e la fonte è Bankitalia:

il 10% delle famiglie italiane più ricche possiede il 44% di tutta la ricchezza (immagino italiana).

Provate a leggere più volte questo dato e vi renderete conto come è messo questo paese. Un paese dove come diceva Toto: “Signori si nasce” e non si diventa. Un paese dove il figlio del notai fa il notaio e il figlio dell’operaio fa l’operaio o peggio il precario. Ormaio le classi sociali sono come le caste in India: bloccate e chiuse, senza possibilità di passare da una all’altra.

Capisco che ci siano fattori economici che perfino giustificano un dato come questo; ma rimango convinto che la sola spiegazione economica non regga. C’è anche un fattore di scarsa mobilità sociale che porta a questa situazione. Un paese dove (a mia memoria) c’è un unica azienda tecnologicamente proiettata nel futuro ed è la ST Microelectronics, i giovani si vedono bloccata la strada da anziani ormai prossimi alla pensione o già ampiamente in pensione che però continuano ad occupare la poltrona, vengono sistematicamente ignorate ricerca e finanziamenti per nuove tecnologie; un paese così non ha davanti a se un grande avvenire. Guardate i giovani rampolli dei vari “capitani d’industria” italiani e ditemi se c’è qualcuno che ha fondato un’azienda nuova o cerchi di fare qualcosa di innovativo. Nessuno. Tutti aspettano il turno per prendere il bastone del comando dal padre.

Ecco: mi piacerebbe che il PD oltre che a dare risposte “economiche”, parlasse di queste cose. Di come riconsegnare questo paese ai giovani. Dire senza paura di essere giudicati degli incompetenti che non si va molto lontano solo producendo scarpe, vestiti, cibo, turismo. Certo tutte cose importanti e giuste ma solo queste non daranno un futuro all’Italia e alle nuove generazioni. Mi piacerebbe vivere in un paese dove ci si ricorda di Federico Faggin, lo si indica a modello e si cerca di non lasciare andare all’estero giovani ricercatori come è accaduto con lui.

Mi piacerebbe vivere in un paese che guarda al futuro e non al passato.

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