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Confessione di fede

Friday, August 24th, 2012

“Io credo in Dio, nella Trinità, nell’Incarnazione, nella Redenzione, nell’Eucarestia, negli insegnamenti dell’Evangelo. Credo, ovvero non faccio mio quanto la Chiesa dice al riguardo per affermarlo come si affermano dati dell’esperienza o teoremi di geometria, ma aderisco con l’amore alla verità perfetta, inafferrabile, racchiusa in tali misteri, e cerco di aprirle la mia anima affinchè la sua luce possa penetrare in me.

Non riconosco alla Chiesa alcun diritto di limitare le operazioni dell’intelligenza o le illuminazioni dell’amore nell’ambito del pensiero. Le riconosco la missione, in quanto depositaria dei sacramenti e custode dei testi sacri, di formulare decisioni su alcuni punti essenziali, ma soltanto a titolo di indicazioni per i fedeli. Non le riconosco il diritto d’imporre i commenti di cui circonda i misteri della fede come se fossero verità; e ancor meno il diritto di usare la minaccia e il timore esercitando, per imporli, il suo potere di privare dei sacramenti.

Per me, nello sforzo della riflessione, un disaccordo apparente o reale con l’insegnamento della Chiesa è soltanto motivo di sospendere a lungo il pensiero, di spingere il più lontano possibile l’indagine, l’attenzione e lo scrupolo, prima di osare affermare qualcosa. Ma è tutto. Detto questo, io medito su ogni problema relativo allo studio comparato delle religioni, sulla loro storia, sulla verità contenuta in ciascuna di esse, sui rapporti della religione con le forme profane della ricerca della verità e con l’insieme della vita profana, sul significato misterioso dei testi e delle tradizioni del cristianesimo; e tutto ciò senza preoccupazione alcuna di un possibile accordo o disaccordo con l’insegnamento dogmatico della Chiesa.

Sapendomi fallibile, sapendo che tutto il male che per debolezza lascio sussistere nella mia anima vi produce necessariamente una quantità proporzionale di menzogna e di errore, io dubito in qualche modo persino delle cose che mi appaiono più manifestamente certe. Ma tale dubbio concerne in pari misura tutti i miei pensieri, quelli che sono in accordo come quelli che sono in disaccordo con l’insegnamento della Chiesa.

Spero e conto fermamente di rimanere in siffatto atteggiamento fino alla morte. Sono certa che questo linguaggio non racchiuda alcun peccato. E’ pensando diversamente che commetterei un crimine contro la mia vocazione, che esige un’assoluta probità intellettuale. Nè posso discernere alcun movente umano o demoniaco all’origine di un simile atteggiamento. Esso può produrre solo pene, sconforto morale e isolamento. Soprattutto non ne può essere causa l’orgoglio ; perchè non c’è nulla che possa lusingare l’orgoglio in una situazione in cui si è agli occhi dei non credenti un caso patologico, dal momento che si aderisce a dogmi assurdi senza neppure la scusa di subire un’influenza sociale; mentre si ispira ai cattolici la benevolenza protettrice, un poco sdegnosa, di chi è arrivato verso chi è in cammino.

Non vedo dunque alcuna ragione di respingere il sentimento che è in me, cioè di perseverare in tale atteggiamento per obbedienza a Dio; se lo modificassi offenderei Dio, offenderei il Cristo, il quale ha detto: <<Io sono la verità>>. D’altra parte, già da molto tempo io provo un desiderio intenso e sempre crescente della comunione. Se si considerano i sacramenti un bene, se io stessa li considero tali, se li desidero, e se mi vengono rifiutati senza alcuna colpa da parte mia, non è forse questa una crudele ingiustizia?

Se mi si accordasse il battesimo, malgrado l’atteggiamento in cui persevero, si romperebbe con una consuetudine che dura da almeno diciassette secoli. Se questa rottura è giusta e desiderabile, se ci si rende conto che proprio oggi è di una urgenza più che vitale per la salvezza del cristianesimo – cosa che a me pare evidente – bisognerebbe allora, per la Chiesa e per il mondo, che si verificasse in forma eclatante, e non per iniziativa isolata di un prete disposto ad amministrare un battesimo oscuro e isolato.

Per tale motivo e per molti altri analoghi, fino ad ora non ho mai rivolto a un prete la domanda formale del battesimo. E non intendo farlo neppure ora. Tuttavia sento il bisogno – non astratto, ma pratico, reale, urgente – di sapere se, nel caso io lo domandassi, mi sarebbe accordato o rifiutato.”

(Simone Weil, Parigi 3 febbraio 1909 – Ashford 24 agosto 1943)

Stasera a Casale

Monday, September 5th, 2011

Questa sera, per chi vuole passare un paio d’ore diverse dal solito e ascoltare quest’uomo, che di cose da dire alla nostra vita ne ha, l’appuntamento è all’Auditorium San Filippo di Casale Monferrato in Via Pinelli alle ore 20:45.

Tema impegnativo: Cristiani si diventa

Intanto in Somalia

Sunday, September 4th, 2011

Nonostante mi procuri dolore e domande angoscianti, continuo ad informarmi sulla drammatica situazione della Somalia e sulla carestia nel corno d’africa. Secondo l’organizzazione Medici Senza Frontiere, tutti, comprese molte organizzazioni umanitarie, sottuvalutano la situazione e non parlano chiaro sulla reale situazione nella zona.

Anniversario Simone Weil

Wednesday, August 24th, 2011

Il 24 agosto di 68 anni fa moriva Simone Weil. Consiglio questo link ad una piccola lezione sul pensiero di Simone tenuta dal noto teologo Vito Mancuso.

E se questo dipendesse anche da me?

Sunday, July 24th, 2011

Sono giorni ormai che mi porto dentro una sensazione di colpa, di malessere per quanto sta accadendo in Somalia e nella regione del corno d’africa. Le nazioni Unite hanni dichiarato lo stato di carestia in Somalia mercoledì 20 luglio, ma la notizia sembra sia passata come acqua su una lastra di marmo nei media italiani, per non parlare dei giornali.

Più passano gli anni e più aumenta dentro di me il sentimento di impotenza e di colpa per queste tragedie. Mi sento colpevole come se queste situazioni dipendessero dalle mie azioni, dalla mia volontà. Dentro di me tace anche la voce della fede e i mille perchè che gridano dalla mia mente e dal mio cuore non trovano risposta o eco, solo vuoto. E la fede vacilla come non mai. E scappo dai siti, dagli articoli, dalle foto,  che documentano questa tragedia come un bambino cerca di scappare da un dolore. Ma la fuga dura poco perchè capisco che non ha senso chiudere gli occhi e allora il dolore si appatte ad ondate, implacabile, e mi ritrovo, in questi giorni è successo, al limite delle lacrime, cercando scampo e non trovandolo.

Mai come in questi giorni ho vissuto sulla mia pelle la metafora della Variante di Luneburg. Il dolore del mondo questa settimana non mi ha dato tregua.

Ogni cosa alla sua stagione

Saturday, April 23rd, 2011
Ieri sera, complice le giornate particolari che la Chiesa sta celebrando, mi sono rivisto questa bellissima intervista a Enzo Bianchi Priore della Comunità di Bose.
Per riflettere anche se non si è credenti.

Pasqua per tutti

Sunday, April 4th, 2010

E anche quest’anno e’ Pasqua. Per noi cristiani è sempre un tempo durante il quale è normale prendersi impegni di rinnovamento spirituale, morale e di vita.

In questo periodo anche la Chiesa (come istituzione) non se la passa bene, vedi il gravissimo scandalo dei preti pedofili. Certo, per noi che crediamo, è “semplice” distinguere tra la Chiesa come istituzione fatta di persone (con tutti i loro limiti e che non salva) e la Chiesa (corpo di Cristo), luogo privilegiato per l’incontro con lui e quindi santa. Ma per chi non crede che testimonianza stiamo dando noi cristiani? Non dovremmo forse essere sale della terra e luce del mondo? Non arrivo a pensare come Sined O’Connor che se Cristo ritornasse brucerebbe il Vaticano, ma condivido al 100% l’opinione espressa a La Stampa da John Waters; serve davvero un gesto di discontinuita’, di rinnovamento profondo, di nuovo inizio.

E’ stato detto che l’aver riconosciuto in uno schiavo crocifisso Dio, e’ la piu’ alta opera filosofica che l’uomo abbia compiuto; e davvero ha ragione Simone Weil quando afferma che Cristo si è spogliato della propria divinità perche’ anche noi ci spogliassimo della nostra, per tornare ad essere uomini. In questo senso Dio e’ davvero separato dal mondo perche’ l’unico criterio che il mondo riconoscere e’ la forza. La Chiesa (come istituzione) ha spesso sposato la tesi della forza, del potere, pensando che attraverso l’uso di questi mezzi sia piu’ facile il suo compito terreno.

Ma il mistero della fede cristiana sta’ proprio in questo: un Dio che rifiuta la forza e si affida totalmente agli uomini per portare tutta l’umanita’ a Lui. E il grande errore e’ proprio quello che accecati dal desiderio di “fare la volonta’ di Dio” usiamo proprio i mezzi che egli rifiuta.

Anche nel nostro piccolo, nelle nostre parrocchie, le persone piu’ impegnate sono a volte sviate da questo desiderio “missionario, di conversione” e esercitano tutta la loro forza verso gli altri. Ci dimentichiamo che il nostro compito, la nostra “missione” non e’ quella di salvare gli altri. C’e’ gia’ stato chi ci ha pensato ed e’ risorto. Noi non salviamo nessuno. Il nostro compito e’ quello dei testimoni, certo sempre pronti a chiarire a parole, ma testimoni nella vita, negli atti di tutti i giorni, nelle scelte quotidiane. Vivere in pieno la nostra umanità, in solidarieta’ e condivisione con i fratelli; sentendo che la fatica, le sofferenze del nostro prossimo sono le nostre, la sua felicita’ e la sua gioia sono le nostre.

Un cristianesimo minore? Forse: ma dal volto umano.