Posts Tagged ‘chiesa’

Un twitter papale papale

Friday, November 30th, 2012

Leggo su Cyberteologia che il papa dal 3 dicembre prossimo avrà un account su Twitter, la popolarissima piattaforma di microblogging. Come non condividere l’analisi di Padre Spadaro? Davvero sembra che la chiesa finalmente guardi a internet, ai social network, alle nuove tecnologie con occhio diverso, considerandole non come semplice mezzo di evangelizzazione, ma come strumenti di relazione, luoghi non virtuali ma di realtà aumentata dove oggi si incontrano gli uomini.

Sull’amore

Sunday, September 30th, 2012

Questa mattina mi sono alzato presto apposta per rivedermi questa “lezione” di Roberto Benigni sul V Canto dell’Inferno della Divina Commedia. Io lo farei vedere nelle scuole e agli incontri di catechismo.

Torino Spiritualità 2012

Saturday, September 29th, 2012

Il tema di questa edizione di Torino Spiritualità è “La sapienza del sorriso”. Argomento difficile come ricorda Christian Albini nel suo post.

Luogo comune di molti è che la religiosità sia in antitesi con l’allegria. Ma senza scomodare Gesù, il cui primo miracolo è di trasformare acqua in vino per una festa di nozze, basti pensare al Don Bosco piemontese e alla sua allegria dell’oratorio. Tutte le persone dotate di una ricchezza spirituale non comune che ho incontrato erano anche incredibilmente allegre e di compagnia.

Un uomo di Dio

Sunday, September 2nd, 2012

Per chi crede il Card. Martini è stato veramente un uomo di Dio come giustamente lo descrive sul suo blog il teologo Vito Mancuso. Per i non credenti, forse la personalità religiosa più vicina all’ideale di essere cristiani non contro ma sempre e solo a favore della vita del mondo.

Confessione di fede

Friday, August 24th, 2012

“Io credo in Dio, nella Trinità, nell’Incarnazione, nella Redenzione, nell’Eucarestia, negli insegnamenti dell’Evangelo. Credo, ovvero non faccio mio quanto la Chiesa dice al riguardo per affermarlo come si affermano dati dell’esperienza o teoremi di geometria, ma aderisco con l’amore alla verità perfetta, inafferrabile, racchiusa in tali misteri, e cerco di aprirle la mia anima affinchè la sua luce possa penetrare in me.

Non riconosco alla Chiesa alcun diritto di limitare le operazioni dell’intelligenza o le illuminazioni dell’amore nell’ambito del pensiero. Le riconosco la missione, in quanto depositaria dei sacramenti e custode dei testi sacri, di formulare decisioni su alcuni punti essenziali, ma soltanto a titolo di indicazioni per i fedeli. Non le riconosco il diritto d’imporre i commenti di cui circonda i misteri della fede come se fossero verità; e ancor meno il diritto di usare la minaccia e il timore esercitando, per imporli, il suo potere di privare dei sacramenti.

Per me, nello sforzo della riflessione, un disaccordo apparente o reale con l’insegnamento della Chiesa è soltanto motivo di sospendere a lungo il pensiero, di spingere il più lontano possibile l’indagine, l’attenzione e lo scrupolo, prima di osare affermare qualcosa. Ma è tutto. Detto questo, io medito su ogni problema relativo allo studio comparato delle religioni, sulla loro storia, sulla verità contenuta in ciascuna di esse, sui rapporti della religione con le forme profane della ricerca della verità e con l’insieme della vita profana, sul significato misterioso dei testi e delle tradizioni del cristianesimo; e tutto ciò senza preoccupazione alcuna di un possibile accordo o disaccordo con l’insegnamento dogmatico della Chiesa.

Sapendomi fallibile, sapendo che tutto il male che per debolezza lascio sussistere nella mia anima vi produce necessariamente una quantità proporzionale di menzogna e di errore, io dubito in qualche modo persino delle cose che mi appaiono più manifestamente certe. Ma tale dubbio concerne in pari misura tutti i miei pensieri, quelli che sono in accordo come quelli che sono in disaccordo con l’insegnamento della Chiesa.

Spero e conto fermamente di rimanere in siffatto atteggiamento fino alla morte. Sono certa che questo linguaggio non racchiuda alcun peccato. E’ pensando diversamente che commetterei un crimine contro la mia vocazione, che esige un’assoluta probità intellettuale. Nè posso discernere alcun movente umano o demoniaco all’origine di un simile atteggiamento. Esso può produrre solo pene, sconforto morale e isolamento. Soprattutto non ne può essere causa l’orgoglio ; perchè non c’è nulla che possa lusingare l’orgoglio in una situazione in cui si è agli occhi dei non credenti un caso patologico, dal momento che si aderisce a dogmi assurdi senza neppure la scusa di subire un’influenza sociale; mentre si ispira ai cattolici la benevolenza protettrice, un poco sdegnosa, di chi è arrivato verso chi è in cammino.

Non vedo dunque alcuna ragione di respingere il sentimento che è in me, cioè di perseverare in tale atteggiamento per obbedienza a Dio; se lo modificassi offenderei Dio, offenderei il Cristo, il quale ha detto: <<Io sono la verità>>. D’altra parte, già da molto tempo io provo un desiderio intenso e sempre crescente della comunione. Se si considerano i sacramenti un bene, se io stessa li considero tali, se li desidero, e se mi vengono rifiutati senza alcuna colpa da parte mia, non è forse questa una crudele ingiustizia?

Se mi si accordasse il battesimo, malgrado l’atteggiamento in cui persevero, si romperebbe con una consuetudine che dura da almeno diciassette secoli. Se questa rottura è giusta e desiderabile, se ci si rende conto che proprio oggi è di una urgenza più che vitale per la salvezza del cristianesimo – cosa che a me pare evidente – bisognerebbe allora, per la Chiesa e per il mondo, che si verificasse in forma eclatante, e non per iniziativa isolata di un prete disposto ad amministrare un battesimo oscuro e isolato.

Per tale motivo e per molti altri analoghi, fino ad ora non ho mai rivolto a un prete la domanda formale del battesimo. E non intendo farlo neppure ora. Tuttavia sento il bisogno – non astratto, ma pratico, reale, urgente – di sapere se, nel caso io lo domandassi, mi sarebbe accordato o rifiutato.”

(Simone Weil, Parigi 3 febbraio 1909 – Ashford 24 agosto 1943)

iPad e la Messa

Sunday, August 5th, 2012

Si può dire la Messa usando iPad? Sembra una domanda assurda. Invece alcuni vescovi (quelli della Nuova Zelanda) si sono posti il problema e concluso che non è possibile celebrare la Messa usando al posto del messale cartaceo un messale elettronico sull’ ipad.

Io non lo sapevo, ma esistono già numerose app tipo ibreviary che permettono di trasformare il proprio ipad/iphone in un breviario per le preghiere. Quindi la domanda che si sono posti i vescovi neozelandesi non è tanto campata in aria, anzi, sembra proprio roba da cyberteologia, tantè che la notizia è stata ripresa da Padre Spadaro che ci ha aggiunto altri spunti di riflessione.

Io non ci vedo nulla di male nell’utilizzare il messale in formato elettronico, nè mi scandalizza la cosa. E non mi convince il ragionamento dei vescovi quando affermano che “non è immaginabile, per intenderci, che si porti in processione un iPad o un computer portatile o che in una liturgia un monitor sia solennemente incensato e baciato“; perchè qui secondo me, si confonde volutamente il supporto con il contenuto. Non credo che, dove previsto dalla liturgia cristiana, si baci o si incensi il libro del vangelo in quanto libro; ma lo si “omaggia” in quanto lì in quel momento, e non altrove, c’è la parola di Dio; si “venera” la Parola che è scritta in un libro. Come commenta giustamente Padre Spadaro se la Chiesa non avesse permesso l’utilizzo della tecnologia della stampa, saremmo ancora alle pergamene o ai codici medioevali. Il testo digitale è semplicemente un’altra tecnologia di stampa.

Ecco quindi la domanda che Padre Spadaro si pone alla fine del suo post: come la Chiesa si confronterà con la tecnologia del testo digitale, e aggiungo io, con tutto quanto internet e le nuove tecnologie stanno portando nelle nostre vite?

Memento mori

Wednesday, July 25th, 2012

Oggi è veramente stata una giornata schifosa. Un anno veramente infausto sul lavoro e per i miei colleghi. Appena arrivato in ufficio subito ricevo la notizia del tragico incidente del Ferdy. Sono rimasto attonito e, non scherzo, mi sono dovuto sedere, mi tremavano le gambe.

Ma perchè? Ma che senso c’è in tutto questo dolore? Ma come si può pensare che esista un Dio che, tra i miliardi di esseri umani, decide che proprio a te tocca una cosa del genere. Ma con quale criterio, con quale fine anche buono, si può pensare una cosa del genere?

E i figli del Ferdy? Capisco benissimo, per esperienza personale, cosa significa crescere senza genitori. Ma davvero questo Dio che fa soffrire bambini e innocenti deve pagarla cara, senza nessuna attenuante.

Lo so che in questi momenti, per chi ha fede, la preghiera aiuta. Ma devo confessare che da qualche tempo a questa parte le risposte alle domande che ogni uomo si pone su se stesso, sul significato della vita e della morte, sul rapporto con gli altri e con Dio, tardano ad arrivare e la preghiera non aiuta.

Poi succede quello che succede e allora i dubbi aumentano e temi la selva oscura di dantiana memoria.

Casini tra cultura e natura

Saturday, July 21st, 2012

E io dovrei votare un PD che si allea con gente del genere? Ma non capiscono che la società è avanti anni rispetto a loro? E poi la Chiesa non è quella dei Casini, quella dei potenti, ma quella degli ultimi come giustamente dice Don Gallo.

Il web surrogato di Dio

Saturday, June 23rd, 2012

Segnalo questo post su Cyberteologia. Il web surrogato di Dio e Zuckerberg e altri come sommi sacerdoti di una nuova religione tecnologica?

Io, come anche Padre Antonio Spadaro, non ci credo a questa visione di internet. Penso invece che, mai come oggi, la rete ci permetta di relazionarci con gli altri, anche con chi la pensa diversamente. L’inferno sono gli altri ha detto un grande filosofo del mondo moderno. Ecco io inferno lo intendo come difficoltà di uscire dal nostro egoismo e da noi stessi per incontrare realmente l’altro su un piano di umanità, dove non c’è più un io e un tu, ma un noi.

E mai come oggi la rete ci permette l’incontro con l’altro.

Ogni cosa alla sua stagione

Monday, June 11th, 2012

Prendo a prestito il titolo di un bel libro di Enzo Bianchi perchè ieri sera mi è venuta voglia di rileggermi questo post scritto un anno fa in occasione dell’inizio dell’estate ragazzi 2011 in oratorio. La prima cosa che mi ha colpito è stata che nonostante sia passato un anno, quello che allora scrissi oggi è ancora valido, se non di più.

Questo blog, nato come diario personale e luogo dove scrivere sulle cose che mi interessano, era stato concepito anche come possibile mezzo di scambio e confronto di idee sull’animazione e sull’oratorio. Ma molte cose sono avvenute da quando il blog è nato su Windows Live Spaces e poi esportato su WordPress.

Degli avvenimenti accaduti nella Parrocchia di Moncalvo ho già scritto, ma del mio progressivo abbandono da ogni coinvolgimento nell’oratorio e in parrocchia poco ho lasciato trapelare. Ogni cosa alla sua stagione, e quella dell’oratorio, dell’animazione, dell’attività in parrocchia per me è una stagione chiusa.

Ringrazio quei cari amici che, con costanza, cercano di tenermi informato di quanto accade in oratorio o in parrocchia. Li capisco e sono riconoscente a loro e alla loro lodevole intenzione di farmi restare agganciato ad un ambiente che non sento più mio. E’ probabile che in qualche modo li sto deludendo, tradendo, abbandonando e questo mi dispiace. Mi piacerebbe che capissero quanto gli voglio bene, che quello che insieme abbiamo vissuto, sperimentato, cercato di costruire, è stato in primo luogo un premio per noi stessi; una scintilla di amore fraterno vissuto qui sulla terra, tra di noi. Il viaggio è il premio diceva Steve Jobs. Se sono ancora qui a scrivere, se penso almeno di non sapere, lo devo ad alcuni carissimi amici e alle esperienze vissute insieme.

Posso avere dei rimpianti per come ho agito o per cose che non ho fatto. Ma sono anche consapevole che ad oggi le mie idee e opinioni non sono conformi al pensiero dominante in voga  in oratorio o in parrocchia. Difficile scrivere di animazione se non si sperimenta sul campo, se non ci si sporca le mani con i ragazzi, stando insieme a loro, vivendo con loro.

Un caro amico mi citava Qohelet e i celebri versetti sul tempo. Ora è tempo di dedicarsi ad altro e ad altri.