Pensieri disordinati

Raccolgo in questo post una serie di pensieri sparsi che mi sono venuti in mente in questi giorni.
Pensieri disordinati e all’apparenza slegati tra loro, anche se a tratti mi pare di intravedere un filo rosso che li lega tra loro: quello della nostra mancanza di cultura. Cultura intesa come capacità di non sparare la prima
cosa che ci viene in mente, di non seguire l’istinto, ma di fermarsi a riflettere, studiare il problema, la realtà, i dati, informarsi meglio e poi, solo poi provare ad esprimere un’opinione; possibilemte argomentata. Una severa autocritica anzitutto su noi stessi prima che verso gli altri. Un tagliare senza pietà (come diceva Simone Weil) dalla nostra mente
tutti i pensieri che non sono veri, cioè effettivamente pensati, analizzati.

Pensate alla situazione italiana: una politica fatta solo di slogan, di affermazioni apodittiche senza riscontro, tutta sui social; alimentata da fazioni contrapposte che si sfidano con campagne di marketing e hashtag, e dove persino i giornalisti stessi si adeguano. Un clima di generale imbarbarimento, dove siamo sempre pronti a rivendicare i nostri diritti, ad urlarli anzi, ma dove altrettanto spesso ci dimentichiamo dei nostri doveri verso noi stessi e i nostri fratelli. Uno sfuggire le responsabilità
perché è sempre colpa degli altri, sono gli altri l’inferno (come diceva Sartre).

Un abbandono, direi quasi una repulsione, per l’idea di comunità, di stare insieme nella diversità che ci accresce e migliora.
Ma anzi, un ritorno al clan tribale, all’appartenenza di soli simili, di gregge, guidati da leader carismatici e investiti di una missione direi messianica; che solo lui sa e comprende e che il gregge deve limitarsi ad obbedire.

Una cultura digitale tra le più scarse dei paesi occidentali; con un utilizzo di internet limitato, i social usati come bar, o per diffondere fake new, insulti, rabbia. L’incapacità di portare la fibra (la rete di nuova generazione) nelle zone rurali del paese, quelle che ne avrebbero davvero bisogno per lo sviluppo e per evitare lo spopolamento delle montagne e delle campagne.
L’incapacità di vedere internet, la rete, come una risorsa e non come un pericolo, un mezzo per sviluppare nuova economia, nuova cultura.

Giovani e cultura giovane mai considerata e ininfluente sulla scena nazionale. Sempre ai margini di tutto e mai veramente protagonisti. Non siamo mai stato un paese per giovani, ma adesso è drammatica la situazione. Emigrano a migliaia, non tornano più. Non sono solo cervelli in fuga, è il nostro futuro che scappa da noi. Se non decideremo in fretta a cambiare le cose, l’Italia sarà un bellissimo paese di anziani.

Anche qui a Moncalvo, nel nostro piccolo, non facciamo eccezioni. Forse tutti gli aspetti qui sopra non sono facilmente individuabili, ma tuttavia sono presenti e non vedo tentativi di combattere la situazione. Non siamo un’isola felice, e probabilmente non lo siamo mai stati.

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