Posts Tagged ‘social network’

Moncalvo: i social e la politica atto secondo

Sunday, March 3rd, 2024

Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla.

Noi moncalvesi non impariamo mai. L’avevo già scritto 3 anni fa: continuare ad usare un social (in particolare un gruppo) per continue polemiche politiche di basso livello, è un castigo che non ci meritiamo.

Consiglio (probabilmente non richiesto ma chissenefrega): suggerisco ai responsabili delle due formazioni che si candideranno a breve per le elezioni comunali, di tenere a bada i rispettivi fanboy e leoni da tastiera. Tre mesi di post polemici sui social, oltre a definire il nostro basso livello di cultura digitale, è davvero una croce che Moncalvo e i moncalvesi non si meritano.

Come ho già scritto dovremmo tornare ad essere comunità, e non bande in perenne lotta.

Cadute di stile

Monday, June 26th, 2023

Capisco che ormai è stato sdoganato tutto e che la storia sia trascurata o peggio rivista. Però a mio modestissimo avviso ci sono dei limiti che non andrebbero oltrepassati.

I Social Network stanno cambiando?

Friday, December 2nd, 2022

Da qualche tempo a questa parte, i più attenti frequentatori della rete si stanno interrogando su un fenomeno che riguarda i Social Network.

Si assiste ad una progressiva disaffezione, in particolare delle giovani generazioni, verso la pubblicazione di contenuti personali (lo scopo per cui erano nati i social), per trasformarsi in semplici fruitori di contenuti altrui. Una sorta di tiktokizzazione, come sta succedendo a Instagram. Per non parlare di quello che sta succedendo su Twitter dopo l’acquisizione dello stesso da parte di Elon Musk, o i numerosi scandali sulla privacy degli utenti che hanno coinvolto Facebook.

Dall’altra parte si assiste ad una progressiva migrazione di utenti da Social Network affermati, verso altri che vogliono rimettere al centro gli utenti e la socialità (pensiamo a Mastandon) o altri, appunto come TitTok dove oltre il 66% degli utenti si limita ad usufruire dei contenuti altrui.

Un buon punto di partenza per iniziare a capire quello che sta succedendo è questo articolo del Post

Moncalvo nella sua bolla

Friday, May 27th, 2022
moncalvo
Piazza Garibaldi, il “salotto” di Moncalvo

In questi giorni si è scatenata una polemica su una nota pagina Facebook moncalvese. Non starò a disquisire sul merito, anche perché i relativi post sono stati rimossi non so se dall’amministratore della pagina o da chi li ha scritti.

Resta però l’amarezza dell’ennesima conferma sulla nostra incapacità di concepire la rete come qualcosa di diverso dall’estensione del nostro ego; andando al di là del chiacchericcio e delle polemiche da bar.

L’avevo già scritto in tempi non sospetti dell’involuzione dei moncalvesi riguardo la cultura digitale e l’utilizzo di internet, in particolare i social. Ma quel che è peggio (credo) è la nostra incapacità di pensare, di riflettere sul passato per poi guardare al futuro.

A volte davvero mi sembra che Moncalvo e i moncalvesi vivano in una bolla separata dal resto del mondo; incapaci di guardare oltre l’orizzonte delle nostre colline, idealizzando un passato che credono di conosce ma che in realtà ignorano completamente; e quelle rare volte che capita di trovare persone che hanno conoscenza del passato, lo fraintendono e sono incapaci di trarne lezioni per attualizzarne gli insegnamenti.

Siamo diventati non una comunità, ma un aggregato, un insieme di gruppi autoreferenziali che stanno insieme solo per forza centripeta. Se cessasse questa forza, ci disgregheremmo senza colpo ferire.

A volte penso all’amico Mauro Anselmo e a quel gruppo di ragazzi che negli anni 70 ebbero il coraggio (e la caparbietà) di fondare un giornale a Moncalvo. Certamente il contesto di allora era profondamente diverso da quello attuale, ma non credo che l’idea di allora: sprovincializzare Moncalvo, farlo partecipe della realtà che lo circonda; sia da buttare, anzi secondo me è quanto mai necessaria.

l'eco moncalvese
una pagina dello storico giornale L’Eco Moncalvese

Certamente le modalità non potranno essere le stesse, perché il passato non ritorna e nella vita il tasto “rewind” non c’è mai. Questo non significa però che non sia possibile provare a mettere in pratiche quelle idee con nuovi strumenti adeguati alla realtà odierna.

Una MoncalvoLab ci servirebbe; sulla falsariga dell’associazione Lab121. Eccome se ci servirebbe.

Adesso anche su Instagram

Sunday, April 24th, 2022

Dopo molta riflessione, e spinto anche dall’insistenza dell’amica @swamile, a proposito seguitela su IG https://www.instagram.com/swamilee_/ oppure su Twitter https://twitter.com/swamilee perché è veramente brava. Comunque, tornando ai miei affezionati 5 lettori, la notizie è che dopo Twitter il sottoscritto ha aperto un account anche su Instagram (IG).

Qui a lato ci sono i primi post con le prime foto e vediamo che succederà. Speriamo di saper gestire sti due social (già a volte facevo fatica con uno…). L’account su IG è sempre @mcsimoneweil https://www.instagram.com/mcsimoneweil/

Vabbè ragazzi, ci si becca su IG; capitasse mai non sapesse cosa fare.

Il nostro profilo social

Monday, December 6th, 2021

La disavventura che è capitata ad un’amica che seguo su Twitter mi ha spinto a riflettere su alcuni aspetti della nostra presenza in rete.

Molti degli amici che conosco hanno un profilo social su uno o più social network. Anche io non mi sono sottratto a questa regola e dopo aver tergiversato parecchio ho aperto il profilo su Twitter.

Tutti comunque siamo accumunati dalla stessa cosa: abbiamo affidato molto della nostra identità digitale al profilo social. E quando parlo di identità digitale, parlo del nostro modo di rapportarsi e rappresentarsi rispetto agli altri; parlo dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e sentimenti sempre più spesso espressi attraverso i nostri account social; affidiamo ai social anche i nostri hobby, le nostre passioni che spesso sono diventate anche il nostro lavoro. Perché è inutile che ce lo nascondiamo: ormai la nostra presenza in rete è parte di noi, del nostro modo di essere.

Poche sono le persone che resistono a questo richiamo di identità complementare. Così come poche (credo) siano le persone che curano la propria identità digitale, sapendo bene che essa non è affatto una cosa virtuale che non ha conseguenze sulla propria vita.

Mi è sempre piaciuto il paragone tra il nostro pezzetto di rete che abitiamo e un giardino. Tutti siamo affascinati da giardini ben curati, ricchi di fiori e piante diversi, dove passeggiare e rinfrancarci. Ma un giardino comporta lavoro, spesso fatica, in prima persona.

Affidare (e affidarsi) ad altri che si prendano cura del nostro giardino, dandogli il potere di scegliere quali e quanti fiori mettere, quali e quanti alberi piantare o togliere, non mi è mai parsa una grande idea.

Così come penso che affidare completamente i nostri pensieri, le nostre riflessioni, spesso le più profonde, ad una o l’altra piattaforma social non sia il massimo. Per questo ho sempre apprezzato i blog personali.

Perlomeno nei blog personali ho io il controllo dei contenuti, del mio giardino. Poi certo sono convinto che la presenza social oggi come oggi sia importante (chi non vorrebbe la maggiore condivisione possibile dei propri buoni pensieri). Ma questa presenza social dovrebbe essere come dire la vetrina che rimanda alla vera sostanza che c’è nel nostro blog.

Tutto questo comporta lavoro, fatica, studio, voglia di imparare, consapevolezza che “cultura digitale” non è solo la capacità di saper aprire un profilo social; ma tutto quello che sta dietro e alle conseguenze cui spesso non pensiamo, di quel semplice clic di approvazione dei termini di servizio.

Perché perdere il nostro profilo social (per colpa altrui o nostra non importa) non è facile da accettare. Specie se abbiamo affidato ad esso un pezzo della nostra vita (fatta anche di sentimenti, parole, foto, link) e lo abbiamo riempito con il nostro hobby o le nostre riflessioni.

Avere più controllo del nostro giardino spetta a noi.

Moncalvo i social e la politica

Sunday, November 21st, 2021

Che Moncalvo e i moncalvesi siano famosi per seguire sempre la penultima moda della rete (internet) è ormai ampiamente risaputo e l’ho sottolineato più volte su questo blog. Perché seguire le mode non significa conoscere la rete  ed avere cultura digitale.

Ma che si continui ad usare un social (facebook e in particolare un gruppo) per fare propaganda e polemiche politiche di un livello veramente basso, è francamente un castigo che non ci meritiamo.

Se la concessione che noi moncalvesi abbiamo della res pubblica, dell’impegno civile, dell’essere comunità, si limita ad uno scambio di battute (e a volte insulti e offese allusive) sui social, certamente non andremo molto lontano né  saremo capaci di immaginare (e costruire) un futuro comune.

In informatica si usa l’espressione GIGO (garbage in, garbege out), ed è un po’ quello che ci sta succedendo. Andando a fare la lotta nel fango non se ne esce migliori; come minimo peggio di quando si è entrati.

Innovare per se o innovare anche per gli altri?

Saturday, December 5th, 2020

Leggo su una nota pagina facebook moncalvese di un commerciante che pubblica un video dove comunica a tutti che chiuderà il negozio perché non si sente di passare al nuovo registratore di cassa telematico.

E’ vero che pubblicare video e gestire pagine facebook non significa saper usare le nuove tecnologie e le opportunità offerte. Però a me pare una contraddizione.

E la contraddizione non è tanto nel rifiutare il nuovo registratore di cassa ma gestire una pagina facebook; il paradosso è proprio nell’incapacità di spiegare, di fare cultura dell’innovazione.

E se questo è un difetto che accomuna una grande fetta della società italiana, qui da noi, in Monferrato, è ancora più evidente. E badate che non si tratta poi tanto di una cattiva volontà di imparare da parte delle persone. Manca proprio la capacità di educare alle nuove tecnologie, alle opportunità che offrono. Qui da noi mancano gli insegnanti, le persone che spiegano come e perché innovare, quelle persone che con esempi pratici ti spiegano perché pensare in digitale è pensare il futuro; è guardare avanti senza nostalgia di un passato che non sarà più (volenti o nolenti) quello di prima.

Non serve a nulla innovare solo per se stessi, per il proprio privato. Porterà all’inizio benefici di mera soddisfazione personale, che però non aiuteranno altri, non spingeranno altri a seguire quella strada.

Finché questo paese continuerà a pensare analogico in pubblico, ma digitale in privato non ci sarà mai innovazione. Saremo sempre come i mie colleghi d’ufficio: ingegneri informatici per quanto riguarda la gestione dei propri gingilli elettronici personali (smartphone, pc, netflix, social, foto, ecc), ma assolutamente degli incapaci nel momento in cui si tratta di usare queste competenze nel lavoro o nella vita pubblica.

La bellezza di Twitter

Monday, July 29th, 2019

Il bravissimo Massimo Mantellini in un post sulla bellezza e sulla speranza che, nonostante tutto, c’è ancora in rete (e in Twitter).

Da leggere

Storia di una FAV e di Twitter

Friday, March 2nd, 2018

Noi trapiantati renali (come tutti i trapiantati) siamo persone speciali. Prima del trapianto il nostro corpo si è adattato a convivere con una macchina (il rene artificiale) che ci permetteva di vivere. La dialisi è di due tipi: Peritoneale o Emodialisi. Il sottoscritto ha fatto emodialisi per mezzo di una FAV prossimale al braccio destro. In parole povere una FAV è niente altro che un collegamento diretto tra una vena ed una arteria in modo che per mezzo di aghi (di giuste dimensioni) sia possibile trasferire il sangue al rene artificiale, pulirlo (questo fanno essenzialmente i reni) e rimetterlo nel paziente.

Una FAV è, nei dializzati un punto critico, e non è raro che si formino trombi o si infiammi eccetera. Quando finalmente si è tra i fortunati trapiantati, di norma la FAV non venendo più usata tende a chiudersi spontaneamente o megli si trombizza senza conseguente.

In rari casi si assiste a trombosi con infiammazione. Ebbene potevo farmi mancare qualcosa? Nella notte tra giovedì e venerdì scorso mi sveglio con un dolore al braccio e lo vedo come ci fosse una pallina da ping pong sottocute dove la FAV.

Cazzo che succede? La fistola è chiusa! Non dovrebbe essere così. Al mattino vado in ospedale e il mio nefrologo tutto “contento” mi dice: era anni che non vedevo una cosa simile un raro caso! Che culo penso io, ma in pratica? Ti va bene che sei trapiantato, niente che non si possa curare con una quindicina di giorni di antibiotico e siringate di eparina.

E così con un braccio che sembra quello di braccio di ferro, cefalosforine e eparina mi accingo a passare i miei 15 giorni fortunati di marzo.

Ma ogni cosa ha il suo risvolto positivo. Raccontando della botta di culo avuta su Twitter, mi sono ritrovato oggetto di affetto, comprensione, incoraggiamenti e vicinanza umana, come non mi era capitato da tempo. Persone sconosciute, se non la conoscenza iniziale che si può avere dopo appena tre mesi di social, che mi hanno espresso affetto e vicinanza, virtuale fin che si vuole, ma che io ho sentito sincera.

Capisco che qui stiamo sottilizzando e che non “costi nulla” mettere un like e scrivere un tweet. Ma credo anche che questi sono i nuovi strumenti di iterazione tra le persone e che lo si voglia o no dobbiamo dare un senso anche a questo. E a me piace dare un senso positivo.