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La grande occasione e piccoli borghi

Friday, March 26th, 2021

La grande occasione per i piccoli borghi è un progetto ambizioso lanciato da Angelo Tibaldero e da un gruppo di giovani ragazzi.

Una visione limitata

Chi legge questo blog sa quanto io sia scettico di fronte alle iniziative estemporanee, calate dall’alto, in particolare quelle che riguardano la rete o il nostro futuro. Spesso questi progetti non approdano a nulla; perché incapaci di cambiare la realtà delle cose. Hanno il grosso difetto di essere fini a se stesse, non fanno rete intono a sé.

La grande occasione è fare rete

Ed è quindi con piacere che parlo del progetto lanciato da Angelo Tibaldero con La Grande Occasione. Perché ha qualcosa di diverso. In primo luogo è un’associazione di studenti e professionisti. Secondariamente ha una grande ambizione: ravvivare le piccole comunità facendole nuovamente tornare protagoniste del territorio, creando un network tra amministrazioni locali, imprenditori, associazioni, cittadini per trovare soluzioni ai problemi comuni. Partono con il passo giusto: creare un network. Sanno che da soli non possono fare tutto.

Inoltre mi piacciono molte delle idee alla base di questa iniziativa. In particolare l’idea del nomadismo digitale che può davvero essere una risorsa preziosa per le piccole comunità. E’ importante rendere attrattivi i nostri borghi sia dal punto di vista della qualità della vita, sia da quello della connettività.

Credo anche che sia giunto il momento (e i progetti di La Grande Occasione vanno nella direzione giusta) di fare di tutto per trattenere ed attrarre giovani talenti. Chi, se non loro, possono valorizzare i grandi tesori che tutti i piccoli borghi italiani hanno. E se pensate che in Italia ci sono oltre 5500 piccoli comuni con meno di 5000 abitanti (praticamente il 70% dei comuni italiani) capite bene quanto territorio (con tutto quel che segue) rischia di essere abbandonato al suo destino.

Il passato come stimolo per il futuro

Lo stesso Angelo Tibaldero e i suoi amici, se non fossero spinti da profonde motivazioni di amore verso il loro “piccolo mondo”, potrebbero tranquillamente sfruttare il loro talento altrove. E questo renderebbe il nostro territorio, e tutti noi, più poveri. Invece hanno deciso di giocare qui la partita della vita, nei borghi che li hanno visti nascere. Sono cittadini del mondo ma hanno scoperto di voler realizzare il loro sogno nel luogo dove sono nati.

le radici sono come degli elastici: ti puoi allontanare migliaia di chilometri ma loro (tenacemente) ti riportano indietro

Ecco perché seguo con interesse il cammino di questo progetto, e spero che abbia successo. Perché parte dai giovani, parte dai protagonisti del futuro e non dai comprimari.

Impegnarsi

Credo che il futuro della nostra disgraziata e meravigliosa Italia passi anche dal futuro dei suoi borghi più piccoli. E sono convinto che progettare il futuro sia un lavoro di squadra. Dove ciascuno deve fare la sua parte e nessuno può chiamarsi fuori o delegare.

Persone che sognano un futuro diverso per il luogo dove vivono. Che hanno il coraggio della gioventù e l’esperienza della persona matura. Persone che provano a darsi (e dare a noi) un futuro con La Grande Occasione.

Un uomo senza rabbia non è niente. Ma un uomo senza sogni è ancora meno.

E sempre a proposito di visioni: quelle sbagliate

Sunday, January 17th, 2021

Quando parlo di incapacità di fare rete, di fare gruppo, di ragionare come territorio intendo anche questo.

Questo pensare, come il Marchese del Grillo: “io sono io e voi non siete un caxxo”; che inquina il nostro modo di essere, di ragionare. Come se condividere e fare gruppo ci sminuisse, diluisse la nostra identità (parola che non sopporto molto) in un calderone dove nessuno è più sé stesso.

E’ questo il più grande difetto che abbiamo. Questo pensare che bastiamo a noi stessi e gli altri si aggiustano. Questo idealizzare il campanile, il passato come ragione di essere e non come punto da cui partire. Ci dimentichiamo che il mondo è un po’ più grande di quello che noi vediamo dalla nostra finestra.

Questo ho pensato quando ho letto su La Stampa l’articolo che parla di “Asti 2030” e dell’iniziativa del vicepresidente regionale Fabio Carosso.

Ma non perché non credo in queste idee. Tutt’altro. E’ proprio perché ci credo che non posso accettare questo modo di comportarsi da parte di un amministratore pubblico. Questo ragionare di uno contro altri.

Poi non posso non notare la “strana” analogia con l’iniziativa della Fondazione Goria Visionari 2030. A me sembra un maldestro tentativo di rubare le idee senza avere la capacità di condividerle e collaborare alla loro realizzazione, fare rete.

Appunto il Marchese del Grillo.

Visionari 2030, quale futuro tra 10 anni?

Friday, November 20th, 2020

Ho letto della bella iniziativa messa in campo dalla Fondazione Goria e che riguarda il nostro territorio: Visionari 2030. Come immaginiamo il Monferrato, queste colline meravigliose, questa nostra Moncalvo tra 10 anni, nel 2030?

Ecco questa è davvero una iniziativa meritoria. Un voler pensare e progettare il futuro, senza essere preoccupati di quello che può succedere la prossima settimana; o peggio del consenso politico/personale alle prossime elezioni.

Un territorio che si pensa e prova ad immaginarsi tra 10 anni è un territorio che ha a cuore il futuro delle nuove generazioni. Ha capito che programmare i propri investimenti, sfruttare bene le proprie risorse, saper attrarre (e mantenere) i talenti in loco sono ormai “vincoli” che non possono essere infranti, pena un lento e inesorabile declino.

Altra caratteristica di questa iniziativa è il coinvolgimento dei cittadini, delle persone. Non il solito convegno con le solite facce, i soliti esperti. Stavolta si parte dal basso, dal coinvolgimento della società civile, dall’ascoltare i giovani, gli anziani, i contadini, gli imprenditori. Ognuno di noi ha la propria visione, un’idea di futuro, un sogno. E magari è quella giusta. Quella che manca per dare la svolta decisiva ad un territorio in perenne decollo ma che mai spicca davvero il volo.

Mai come in questo periodo c’ bisogno di futuro, di immaginarlo, di sognarlo, di realizzarlo.

La difficoltà di essere innovatori

Wednesday, May 28th, 2014

Un bel post su Chefuturo scritto da Davide Ferrari sulla difficoltà di essere innovatori a 40 anni. Lo stare in provincia spesso non aiuta e anche da parte di chi ti conosce vieni visto come un sognatore staccato dalla realtà.

Forse davvero la difficoltà maggiore non è trovare i soldi (finanziamento) per far partire il progetto, ma trovare le persone che insieme a te decidano di investire il proprio tempo e le proprie energie.

Idee per il futuro di Moncalvo

Saturday, March 15th, 2014

Stamattina leggevo questo post di Cesare Cacitti sulla sua esperienza in H-Farm. Se non sapete cosa è H-Farm vi basta sapere questo: è il più famoso venture incubator italiano, fondato da Riccardo Donadon, per molti un visionario paragonabile solo ad Adriano Olivetti.

Certamente lo vedo davvero difficile la trasposizione di H-Farm qui nel Monferrato. Ma nulla ci impedisce di riprenderne l’idea. Magari non partendo subito con un vero e proprio venture incubator, per questo è ovvio che servono soldi, ma almeno prendere lo spunto della “fabbrica delle idee”, cioè di un luogo dove favorire l’incontro delle idee (innovative) e delle persone per poi selezionare quelle più promettenti e cercare il modo di realizzarle.

Pensate ad una sorta di “Moncalvo Lab” dove ci si incontra, si condividono idee, si discute sul modo migliore per realizzarle, se ne sceglie una o due e rimboccandosi le maniche la si mette in pratica. Un laboratorio di idee, progetti, perchè no? sogni non per il prossimo anno, ma per il futuro di Moncalvo, per i nostri figli.

A breve a Moncalvo ci saranno le elezioni per l’amministrazione comunale. Sarebbe davvero degno di nota, segno di attenzione per il futuro e l’innovazione, se le liste (e i candidati sindaci) che si presenteranno raccogliessero la sfida dell’innovazione. Io sono fermamente convinto che il Monferrato (e Moncalvo) in futuro non potranno vivere solo di commercio e turismo (per non parlare dell’agricoltura), così come non possiamo continuare ad ignorare a lungo la rivoluzione digitale che sta già cambiando il nostro modo di vivere.

La “Moncalvo Lab” che ho in mente non propone all’amministrazione comunale  la realizzazione della solita festa uguale a mille altre, del solito carnevale uguale a mille altri, o il solito festival uguale a mille altri. No. La “Moncalvo Lab” che sogno è quell’incubatore da dove potrebbe magari uscire l’idea di un Festival di Moncalvo dove si racconta la storia della città, e la cultura alta si mischia a quella più pop (nel senso di popolare), ben rappresentata dal gruppo su Facebook “sei di Moncalvo se…” dove le persono comuni raccontato la loro Moncalvo; due serate così nella piazza garibaldi, registrate e scaricabili in podcast e video. Si tiene traccia della memoria e la si rende disponibile per i nostri figli.

Mille altre potrebbero essere le idee. Da quella di recuperare locali ad oggi in disuso per farne la sede di “Moncalvo Lab” sulla falsarica di Lab121 oppure quella di legare in qualche modo la promozione del territorio alla rete, oppure quelle già scritte in questo post.

La rete ci insegna a lavorare insieme, alla condivisione, allo scambio, al dono. Non ci insegna la frammentazione, il lavorare da soli, la divisione. Purtrobbo Moncalvo in questo ha ancora tanto da imparare e da noi spesso preferiamo far nascere nuovi sodalizi piuttosto che collaborare con quelli esistenti. Penso che continuare così non ci porterà da nessuna parte, anzi ci farà perdere terreno, perchè come il futuro e l’innovazione non aspetteranno che l’Italia si adegui, così non aspetteranno Moncalvo.

Dobbiamo davvero cambiare, non solo per noi, ma per i nostri figli.

Giovani e vecchi: qualche statistica

Tuesday, November 6th, 2012

Stefano Quintarelli torna con questo post ad occuparsi della polemica sulla “rottamazione” e le mancate opportunità per i giovani. Letto il post ho subito pensato a questo che ho scritto pochi giorni fa, e non è che mi consola il fatto che a Quintarelli non siano state riconosciute quelle capacità che invece sono state riconosciute ad altri più anziani di lui.

Ne mi consola il fatto che visto la situazione drammatica nella quale ci troviamo (ancora?) quelle nomine analizzate da Quintarelli sono il massimo che si poteva fare. Ecco io sono dell’idea che proprio le circostanze ci dovrebbe spingere maggiormente al cambiamento e a, finalmente, pensare al futuro.

Poi Quintarelli, che è persona perbene, sulla nomina di Agostino Ragosa (classe 1950) ha scritto: “Congratulazioni ad Agostino Ragosa; la sua grande esperienza nel consolidamento di infrastrutture distribuite vastamente sul territorio sara’ preziosa nel far funzionare meglio la macchina dello stato!”.

Io molto più terra terra, penso che per quanto Ragosa sia bravo, Quintarelli ce lo siamo persi. E ci ha perso l’Italia.

 

Fare la differenza

Thursday, July 28th, 2011

on July 25, 2011 in Oslo, Norway. (Jeff J Mitchell/Getty Images)

 

Questo è il discorso che il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg ha pronunciato davanti al municipio di Oslo durante la manifestazione in ricordo delle vittime dell’attentato di alcuni giorni fa. E’ un discorso che, non mi vergogno di dirlo, mi ha commosso per la dignità, la compostezza, l’accento sui giovani, il tono degno di un vero statista che guarda lontano e con lui una nazione colpita ma non piegata e sopratutto che non rinuncia ai valori che sino ad ora sono stati un modello anche per altri paesi. Mai ho sentito o letto un discorso come questo e con tristezza l’ho accostato ai discorsi dei nostri politici e alle loro dichiarazioni.

 

Miei cari,
che spettacolo!
Mi trovo faccia a faccia con la volontà del popolo.
Voi siete la volontà del popolo.
Migliaia e migliaia di norvegesi – a Oslo e in tutto il paese – fanno la stessa cosa stasera.
Occupano le strade, le piazze, gli spazio pubblici con lo stesso messaggio di sfida: abbiamo il cuore a pezzi, ma non ci arrendiamo.
Con queste fiaccole e queste rose mandiamo al mondo un messaggio: non permetteremo alla paura di piegarci, e non permetteremo alla paura della paura di farci tacere.

Il mare di gente che vedo oggi davanti a me e il calore che sento da tutto il paese mi convince che ho ragione.
La Norvegia ce la farà.
Il male può uccidere gli individui, ma non potrà mai sconfiggere un popolo intero.
Questa sera il popolo norvegese sta scrivendo la storia.
Con le armi più potenti del mondo – la libertà di parola e la democrazia – stiamo disegnando la Norvegia per il dopo 22 luglio 2011.

Ci saranno una Norvegia prima e una Norvegia dopo il 22 luglio.
Ma sta a noi decidere come sarà la Norvegia.
La Norvegia sarà riconoscibile.
La nostra risposta ha preso forza durante le ore, i giorni e le notti difficili che abbiamo dovuto affrontare, ed è ancora più forte questa sera: più apertura, più democrazia. Determinazione e forza.
Noi siamo questo. Questa è la Norvegia.
Ci riprenderemo la nostra sicurezza!

Dopo gli attacchi di Oslo e Utøya, abbiamo affrontato uniti lo shock, la disperazione e il lutto.
Continueremo a esserlo, ma non sarà sempre come è adesso.
Lentamente, qualcuno inizierà per primo a essere in grado di riaffrontare la vita di tutti i giorni. Per altri ci vorrà più tempo.
È importante che siano rispettate queste differenze. Tutte le forme di lutto sono ugualmente normali.

Dovremo comunque prenderci cura l’uno dell’altro.
Dimostrare che è qualcosa cui teniamo.
Dobbiamo parlare con quelli per cui è stata più dura.
Dobbiamo essere umani e fraterni.
Noi riuniti qui questa sera abbiamo un messaggio per tutti quelli che hanno perso qualcuno cui volevano bene: siamo qui per voi.

Guarderemo anche in avanti per la Norvegia dopo il 22 luglio 2011.
Dobbiamo fare attenzione a non arrivare a conclusioni affrettate mentre siamo un paese in lutto, ma ci sono alcune cose che ci possiamo promettere questa sera.

Prima di tutto, oltre tutto questo dolore, possiamo intravedere qualcosa di importante che ha messo le sue radici.
Ciò che vediamo questa sera potrebbe essere la più grande e la più importante marcia che il popolo norvegese abbia mai condotto insieme dalla Seconda guerra mondiale.
Una marcia per la democrazia, per la solidarietà e per la tolleranza.

Le persone in tutto il paese sono fianco a fianco in questo momento.
Possiamo imparare da questo. Possiamo fare più cose come questa.
Ognuno di noi puoi contribuire a costruire una democrazia un po’ più forte. Questo è ciò che vediamo ora qui.

In secondo luogo,
voglio dire questo a tutti i giovani raccolti qui.
Il massacro di Utøya è stato un attacco contro il sogno dei giovani di rendere il mondo un posto migliore.
I vostri sogni sono stati interrotti bruscamente.
Ma i vostri sogni possono essere esauditi.
Potete tenere vivo lo spirito di questa sera. Voi potete fare la differenza.
Fatelo!
Ho una semplice richiesta per voi.
Cercate di essere coinvolti. Di interessarvi.
Unitevi a una associazione. Partecipate ai dibattiti.
Andate a votare.
Le elezioni libere sono il gioiello di quella corona che è la democrazia.
Partecipando, voi state pronunciando un sì pieno alla democrazia.

Infine,
sono infinitamente grato di vivere in un paese dove, in un momento così critico, il popolo scende nelle strade con fiori e candele per proteggere la democrazia.
Per commemorare e onorare le persone che abbiamo perso.
Questo dimostra che Nordahl Grieg aveva ragione: «Siamo così pochi in questo paese, che ogni caduto è un fratello e un amico».

Ci porteremo tutto questo con noi mentre iniziamo a mettere insieme la Norvegia del dopo 22 luglio 2011.
I nostri padri e le nostre madri ci avevano promesso: «Non ci sarà mai più un 9 aprile».
Oggi diciamo: «Non ci sarà mai più un altro 22 luglio».

I giovani e l’Italia: restare o andare via?

Wednesday, November 24th, 2010

Consiglio a tutti di leggere questo bel post e i relativi commenti pubblicato da Mantellini.

Io, come i miei 5 lettori sapranno, non ho la forza di ricominciare altrove la mia vita. Certe volte invidio chi lascia questo nostro amato e disgraziato paese e cerca altrove di realizzarsi; altre volte penso invece che si è felici, nonostante le difficoltà, nel luogo doe si è nati.

Per il bene di Adele spero che la situazione dell’Italia cambi, e ovviamente farò quanto è nelle mie possibilità perchè ciò avvenga. Spero però che Adele desideri andare all’estero, magari non in modo definitivo, ma per fare esperienza di vita diversa dalla nostra, per aprirsi anche ad altre culture e altri mondi. Poi ovviamente sarà lei a decidere.

Proprio oggi il ministro per la gioventù (cosa assurda, ogni governo dovrebbe preoccuparsi dei giovani che sono il futuro del proprio paese, senza che ci sia la necessità di un ministero ad hoc) ha presentato un pacchetto di provvedimenti per i giovani. Al di là dell’essere a favore o contro l’attuale governo, quanto previsto in questo provvedimento è una goccia nel mare che non andrà a cambiare una mentalità e una società vecchia e che pensa in modo vecchio. Ma le responsabilità della situazione attuale ha molti padri come giustamente scrivono Alessandro Rosina e Elisabetta Ambrosi nel loro libro e non sarà facile cambiarla.